CATANIA. "Si è spento l'anelito all'unità, i pezzi rotti non si possono più ricomporre". Il docente universitario Maurizio Caserta apre simbolicamente il sipario di Ciatu parlando di dissonanza cognitiva, di un filo, l'invisibile, che diventa sostanza palpabile. Ma se gli apriamo la porta apparirà visibile. Inizia così il racconto della vita di Giordano Bruno, raccontato alla maniera di Monica Felloni che con quadri narrativo-coreografici di grande impatto, affidati ad attori e ballerini disabili e normodotati, riesce ad emozionare ed entusiasmare. Ed ecco che la vita di Giordano Bruno diventa fortemente simbolica, emblema della libertà di un uomo che aveva la forza di esprimere la propria parola. "La potenza del pensiero mi ha investito" ripete la voce fuori campo di Monica Felloni, regista dello spettacolo ospitato dal Teatro di Catania, in scena martedì e mercoledì alla sala Verga. "Prima ero me stesso ora sono ciò che ho detto". Sul palco, per le due date catanesi, oltre venti attori, molti dei quali disabili, che animano uno spettacolo contrassegnato dal succedersi di azioni teatrali, intrise di canto, poesia, immagini, musica e danza in una sequenza orchestrata di corpi, parole, respiri che, intrecciandosi e amalgamandosi, rendono merito e onore all'umanità che vive tutti i giorni in tensione d'amore.