Camaleontico, istrionesco, sinistro, suadente, mefistofelico, affascinante... nella Corte del Castello Ursino di Catania, il Conte Dracula - "reincarnatosi" nelle fattezze dell'attore-autore Alessandro Ferrari - ha "terrorizzato" gli spettatori etnei accorsi ad assistere alla pièce "I'm Dracula" ("Io sono Dracula"). Soliloquio, monologo (con personaggi inesistenti, ma con i quali Ferrari dialoga, fingendoli in scena ), complesso testo teatrale scritto dallo stesso Ferrari, che del modello ormai classico della trasposizione filmica "Dracula" regia di Tod Browning (1931), preceduto dal celeberrimo "Nosferatu il vampiro"(1922) regia di Friedrich Wilhelm Murnau e da quello teatrale rappresentato a Broadway nel 1927, ha tratto reinterpretandola una sua originale e convincente rappresentazione. Stregato, ammaliato, dalla recitazione dell'ungherese Bela Lugosi, almeno quanto il romanzo scritto da Bram Stoker (1898), Ferrari ha riesumato, come scritto nelle note di regia, esaltando la recitazione di Lugosi "[...] il mito collettivo del vampiro, così come lo conosciamo sino ad oggi (finanche l'aspetto esteriore). Lugosi, con la sua personalissima interpretazione, fatta di magnetismo, portamento, espressività, vocalità, gestualità, mimica ed estetica, codificò per sempre l'immagine classica del vampiro, creando un qualcosa di assolutamente nuovo e, al contempo, definitivo; un personaggio ed uno stile di comportamento sottilmente romantico, affascinante, raffinato, ma anche tenebrosamente ambiguo, perverso e mefistofelico, indipendente ed antitetico rispetto al modello letterario originale creato dall'irlandese Bram Stoker, connotato, invece, da una mostruosa brutalità e da una sgradevolezza complessiva, priva di qualsivoglia appeal[...]. Il "vampiro psichico", il "Vamp-attore", il "morto non morto", personaggio tormentato in cerca di liberazione, nonostante la morte apparente, alla fine risorge dalle sue ceneri, così come conclude la scrittura di Ferrari (già da tempo in contatto con i discendenti della famiglia di Bela Lugosi, che ne hanno riconosciuto e apprezzato il profondo studio dello stile di recitazione dell'attore ungherese), in tal modo restituendo al fascinoso aristocratico transilvano l'immortalità nella quale vive, esaltata dal mito letterario creato da Stoker e da quello cinematografico hollywoodiano e mondiale.