Conoscenza, bellezza e spiritualità. In quattro anni di sua assenza sono ovunque le tracce e i frammenti di un insegnamento sconosciuto che ha portato avanti per decenni. Fino a quel giorno di maggio – il 18, nel 2021 – quando Franco Battiato ci lasciava. Era maggio e Battiato se ne andava lasciando viva la sua essenza artistica e spirituale. Una dimensione che continua a emergere con forza crescente. Perché Battiato vedeva oltre. E per questo le sue canzoni continuano a risuonare, accompagnandoci “nelle vie che portano all’essenza”. Un coraggioso, il Beta di Milo. Ha lasciato un'imponente eredità che non è fatta solo di musica da ascoltare. Battiato ha insegnato ad avere sete di conoscenza, a non accontentarci delle superfici. Ha incoraggiato a coltivare lo spirito in un’epoca affamata di materialismo. Ha ricordato a tutti l’importanza del silenzio e della meditazione, “la sua parola più eloquente… è il silenzio”. Sì, perché in un mondo di rumore, ci ha portato silenzio; in un mondo di fretta, pazienza; in un mondo superficiale, profondità.
Del resto, è stato molto più di un semplice cantautore di successo: in oltre mezzo secolo di carriera ha attraversato generi musicali e orizzonti culturali come pochi altri. È stato, sì cantautore, ma anche compositore, regista, pittore e soprattutto un ricercatore instancabile del significato profondo dell’esistenza.
I suoi esordi negli anni ’60 e ’70 lo videro sperimentare tra pop leggero, rock progressivo e avanguardia colta, per poi approdare a una forma di canzone d’autore originale e popolare insieme, ricca di testi criptici e citazioni colte. Il grande pubblico lo scoprì negli anni Ottanta grazie a successi come La voce del padrone (1981), album rivoluzionario che mescolava elettronica e melodie orecchiabili. Brani come “Bandiera bianca” e “Centro di gravità permanente” rivelavano già un tratto unico: un’ironia sottile verso la società contemporanea unita a riferimenti eruditi e spirituali. In tutta la sua produzione, dalla hit danzereccia “Voglio vederti danzare” – con la celebre immagine dei dervisci sufi che ruotano in estasi.
Non a caso Battiato è stato definito un “cantautore filosofo”, un artista visionario e sognatore capace di far dialogare canzone, letteratura, pittura e persino mistica. La musica era per lui un veicolo per “toccare tutte le cose dello scibile” e cercare "l’Uno al di sopra del bene e del male". In altre parole, la sua aspirazione era elevare lo spirito attraverso l’arte, in un mondo che spesso invece banalizza e dissacra.
Il sacro contro la dissacrazione
Franco Battiato si è sempre distinto per una profonda attenzione al sacro, contrapposta alla tendenza dilagante alla dissacrazione nella cultura contemporanea. Mentre molti artisti e intellettuali dagli anni ’80 in poi abbracciavano il disincanto, l’ironia corrosiva o il puro materialismo, Battiato nuotava controcorrente. Nelle sue canzoni ha inserito preghiere in musica, riferimenti a testi sacri, concetti esoterici e meditativi. In “E ti vengo a cercare” (1988), le sue parole suonano come una preghiera in un’epoca satura di cinismo. Battiato cantava la sete di assoluto e di conoscenza di sé in un mondo profano.
Questa postura controcorrente – spirituale ma mai dogmatica – lo ha reso un unicum nel panorama culturale. Molti lo consideravano - e lo considerano - un maestro spirituale pur rifuggendo lui qualsiasi etichetta agiografica. Di fatto ha incarnato l'ideale di una sorta di guida per il suo pubblico. Anche con la sua vita appartata e quasi ascetica nella quiete di Milo, alle pendici dell’Etna. Sembrava anche con il suo stile di vita voler indicare una strada di sobrietà, meditazione e studio, lontana dai clamori dello show-business. In un’intervista dichiarò: «Si tratta di conoscersi bene interiormente per poter poi uscire e affrontare la gente, il mondo, per portare anche dei cambiamenti. Non si tratta di staticità… ma di dinamismo, vitale e culturale». L’introspezione come base per un’azione vitale nel mondo. Il sacro per Battiato non era fuga dalla realtà, ma anzi uno strumento per migliorarla.
Filosofia, mistica e Oriente
Battiato fu un artista dalla curiosità enciclopedica, alimentata da vaste influenze filosofiche e spirituali. I suoi interessi spaziavano dall’Occidente all’Oriente, dalle tradizioni esoteriche europee alla mistica asiatica. Non sorprende quindi che i suoi testi riflettano interessi per l’esoterismo, la filosofia teoretica, la mistica sufi (in particolare attraverso l’influenza di G.I. Gurdjieff) e la meditazione orientale. Sin dagli anni ’70, il giovane Franco – trasferitosi a Milano dalla nativa Sicilia – iniziò un percorso di ricerca spirituale molto personale: studiò i testi di Georges Ivan Gurdjieff, filosofo armeno e maestro di danze sacre, avvicinandosi al sufismo e alle dottrine esoteriche. Allo stesso tempo esplorò l’induismo, il buddhismo tibetano, lo shivaismo del Kashmir, il pensiero di maestri come René Guénon o Sri Aurobindo, senza dimenticare la mistica cristiana. La sua era una ricerca sincretica e libera, come ha notato chi lo ha studiato: “la sua ricerca è passata attraverso l’induismo, Gurdjieff, il sufismo, il cristianesimo, lo shivaismo kashmiro, il buddhismo tibetano” – un attraversamento di tradizioni lontane, alla ricerca di quel filo comune di verità.
Queste influenze affiorano ovunque nella sua opera. La mistica sufi, in particolare, fu un faro costante: Battiato ammirava la figura del derviscio che raggiunge l’estasi con la danza e la preghiera. Nel brano “Voglio vederti danzare” (1982) evoca proprio i “dervisci turni” che ruotano su sé stessi al suono dei canti religiosi, immagine potentissima di abbandono al divino. La sua canzone “L’ombra della luce” (1988) è praticamente una preghiera in musica, intrisa di misticismo; “E ti vengo a cercare” fu presentata persino in contesti ecclesiali per la sua spiritualità; “Le sacre sinfonie del tempo” medita sul destino dell’anima. Battiato citava liberamente dai Vangeli, dal Corano, dai testi induisti: la sua arte era un crocevia di sapienze. “E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire” cantava in “Prospettiva Nevski”, frase tanto poetica quanto profondamente spirituale.
Non a caso, nel giorno della sua morte, il cardinale Gianfranco Ravasi – presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – ha voluto ricordarlo proprio con quel verso «com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire», a testimonianza di quanto Battiato fosse riuscito a parlare anche alle persone di fede in senso stretto.
Sicilia, radici e orizzonti
Non si può capire Battiato senza parlare della Sicilia, la sua terra natale e spirituale. Nato a Ionia (oggi Riposto, provincia di Catania) nel 1945, cresciuto tra il mare di Riposto e la campagna etnea, Franco portò sempre la Sicilia nel cuore. Il legame con la sua città natale sarà sempre fortissimo. Oggi il cantautore riposa proprio nel cimitero di Riposto.
Negli anni ’90 Battiato scelse di tornare stabilmente a vivere in Sicilia, stabilendosi a Milo, un piccolo borgo sulle pendici dell’Etna immerso nei vigneti e nei boschi. Lì, in quella dimensione appartata, compose moltissima musica e coltivò amicizie artistiche (celebre il legame con Lucio Dalla, anche lui innamorato di Milo). L’ambiente isolano – con la sua bellezza e durezza – sembra aver influenzato il carattere quasi ascetico del Maestro. Nella sua villa di Milo (chiamata Villa Grazia in onore della madre) c’era persino una cappella privata, dove amava raccogliersi in preghiera e dove ha voluto si tenessero i suoi funerali. Battiato rappresentava in sé un’alchimia di provincia e cosmopolitismo: figlio della Sicilia più profonda e al contempo cittadino del mondo spirituale. Il suo accento isolano, mai perduto, conviveva con riferimenti a Parigi, Istanbul, la Persia, la Russia (“Prospettiva Nevski” ci porta nella San Pietroburgo di inizio Novecento, “I treni di Tozeur” nel deserto tunisino). Eppure, nonostante questi orizzonti lontani, Battiato “non ha mai smesso di cantare la sua terra natale, la Sicilia”.
La sua eredità è quella di un uomo che ha parlato di Dio e dell’anima in tempi di materialismo, che ha fuso alto e basso, oriente e occidente, antico e moderno. Riascoltare oggi le sue canzoni significa, se si vuole, intraprendere un viaggio interiore, guidati da una voce amica. Perché Franco Battiato è in quello spazio sottile tra le note e il silenzio, dove continua a dialogare con chiunque abbia orecchie e cuore per ascoltare.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia