La Cassazione conferma l'assoluzione di Lombardo dalle accuse di mafia: «Provo solo amarezza»
Si chiude la vicenda processuale per l’ex governatore della Sicilia ed ex leader del Mpa, Raffaele Lombardo: la sesta sezione della Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della Procura generale di Catania contro la sentenza del 7 gennaio del 2022 che lo ha assolto dalle imputazioni di concorso esterno alla mafia, perché il fatto non sussiste, e di reato elettorale aggravato dall’avere favorito il clan Cappello, per non avere commesso il fatto. Il Pg della Cassazione aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado. «Provo soltanto amarezza e non felicità forse per i tredici anni della mia vita passati in vicende giudiziarie e per il massacro mediatico subito», ha commentato l’ex governatore. Per i suoi legali, l’avvocata Maria Licata e il professore Vincenzo Maiello, il «pronunciamento della Cassazione pone la parola fine ad una vicenda giudiziaria lunga che ha pesantemente inciso sulla vita, non solo politica» del loro assistito. «Oggi - ha aggiunto la penalista - è il giorno della soddisfazione». Per il prof. Maiello l’assoluzione di Lombardo «chiude una vicenda giudiziaria durata 13 anni» e «in qualche modo simbolo delle applicazioni distorte del concorso esterno in associazione mafiosa e di una certa propensione a utilizzare il processo per scrivere la storia anziché per accertare reati». Lombardo dopo avere ricevuto l’avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale aggravata, emesso dalla Procura di Catania, si dimise dalla carica di governatore. Sulla sentenza è intervenuto l’attuale presidente della Regione, Renato Schifani, osservando che «la definitiva assoluzione di Raffaele Lombardo è una doppia buona notizia; cancella ogni possibile ombra sul fatto che un ex presidente della Regione possa essere sceso ad accordi con la mafia, dall’altro perché restituisce, a tredici anni dall’avvio dell’inchiesta e dopo un iter molto complesso e travagliato, serenità a una persona perbene e alla sua famiglia». Al centro del processo c’erano i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei. Il procedimento, nato da indagini dei carabinieri del Ros, ha anche trattato presunti favori elettorali del clan a Lombardo nelle regionali del 2008, in cui fu eletto governatore, e a suo fratello Angelo, per cui si procede separatamente, per le politiche dello stesso anno. La Seconda sezione penale della Cassazione, nel 2019, aveva annullato con rinvio la sentenza emessa il 31 marzo 2017 dalla Corte d’appello di Catania che aveva assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa l’ex governatore e lo aveva condannato a due anni (pena sospesa) per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, ma senza intimidazione e violenza. Una sentenza, quella di secondo grado, che aveva riformato quella emessa il 19 febbraio 2014, col rito abbreviato, dal Gup Marina Rizza che lo aveva condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno all’associazione mafiosa ritenendolo, tra l’altro, «arbitro» e «moderatore» dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. Nel rinnovato processo di secondo grado, davanti un’altra Corte d’appello a Catania, Lombardo è stato assolto da tutti i reati, anche se con formule diverse, e la sentenza adesso, dopo la pronuncia di oggi della sesta sezione penale della Cassazione che dichiarato inammissibile il ricorso, è definitiva.