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La manovra della Regione Siciliana, il tesoretto arriva a 160 milioni

Lo comunica l'assessore all'Economia Falcone, che ha anche annunciato le dimissioni per volare al Parlamento europeo. Adesso scatta il rimpasto

Marco Falcone (foto Fucarini)

La data delle dimissioni l’ha decisa ieri, lunedì 8 luglio. E innesca una reazione a catena che accelererà il rimpasto in giunta. Marco Falcone lascerà l’Ars martedì prossimo, il 16, e l’assessorato all’Economia della Regione Siciliana qualche giorno più tardi, lunedì 22. All’Assemblea regionale siciliana lo scranno andrà a Salvo Tomarchio, primo dei forzisti non eletti nella lista etnea del 2022. In giunta si apre invece una partita che si annuncia lunga: l’Economia resterà a Forza Italia e potrebbe andare a un tecnico vicino al presidente. Il più quotato è Salvatore Sammartano, già ragioniere generale e oggi capo di gabinetto a Palazzo d’Orleans.ù

Finisce così dopo oltre sette anni la stagione di assessore di Falcone, che è stato dalla fine del 2017 all’estate del 2022 alla guida delle Infrastrutture e poi all’Economia dall’autunno del 2022 a ora. Lo attende il Parlamento europeo, dove siederà per la prima volta proprio martedì prossimo. È un calendario personale che finisce per influire, e molto, sulle scadenze imminenti della Regione. A cominciare dall’approvazione della terza manovra finanziaria, che inizia oggi in commissione Bilancio il suo iter: «Non sarà io a seguire il varo di questa manovra - esordisce Falcone - anche se uno sguardo l’ho dato e posso dire che ci sono le risorse per dare risposte concrete a tutte le emergenze. Lascio un bilancio in ordine».

L’ormai ex assessore svela anche che il tesoretto su cui può contare la Regione in questa fase è molto superiore ai cento milioni di cui ha parlato il presidente Schifani qualche giorno fa, quando ha prospettato la necessità di una terza manovra «anche per finanziare le proposte dei deputati». Falcone stima in «circa 160 i milioni disponibili». E a questa cifra arriva calcolando che «l’aumento del gettito fiscale, derivante soprattutto dall’Irpef, era stato valutato a inizio anno in poco più di 500 milioni. Ne sono stati utilizzati per la manovra bis 320, dunque ne restano poco meno di 200. Tutto questo ci è stato certificato dal ministero dell’Economia proprio il 30 giugno e riflette il buon andamento delle entrate registrato negli ultimi due anni».

È una notizia, questa, che può perfino amplificare l’ambizione dei deputati dell’Ars di presentare emendamenti di spesa che abbiano una ricaduta nei collegi elettorali. Vero timore di imprenditori e associazioni di categoria che hanno invece chiesto di dare fondi agli agricoltori e agli allevatori per attenuare gli effetti della crisi idrica e della crisi economia legata all’aumento del costo del credito. Falcone però dal suo osservatorio indica una serie di emergenze che avrebbero la priorità: «I Comuni stanno soffrendo più di tutti. Bisogna ascoltare il loro grido di allarme, anche se proprio quest’anno abbiamo aumentato il loro budget del 12%. Bisogna dare ancora qualcosa altrimenti li costringeremmo ad aumentare le tasse per finanziare i loro servizi oppure a utilizzare gli autovelox come una cassa...».ù

Altro scenario invece potrebbe materializzarsi per le varie emergenze di quest’anno: «Ci sono le condizioni per spostare gli interventi contro la siccità e per la riqualificazione delle città sui programmi di spesa dei fondi europei e nazionali». E poi c’è una impellenza a cui bisogna far fronte entro l’estate per essere pronti a una rivoluzione fra l’autunno e la fine dell’anno: «Entro dicembre vanno fatte le gare per assegnare le concessioni del trasporto pubblico su bus. Ma perché questo accada bisogna prima rivedere le tariffe, che sono ferme da 20 anni. La Regione oggi paga un euro e 10 centesimi al chilometro quando nel resto d’Italia si raggiungono i 2 euro e 70 centesimi. Bisogna rimpinguare questo capitolo di spesa».

Ma sono problemi che non toccherà a Falcone affrontare. Anzi, le sue dimissioni lasceranno tutto nelle mani di Palazzo d’Orleans. Che a questo punto dovrà anche accelerare la nomina del successore all’Economia. Il presidente ha detto no alla proposta dello stesso Falcone di puntare sull’etneo Giovanni La Via. E dopo varie indiscrezioni, tutte smentite nei giorni scorsi, il nome più quotato in questa fase è quello di Sammartano. Falcone non si mostra contrario: «Quella di Sammartano, così come le altre, è una candidatura prestigiosa. Ne parlerò col presidente. È giusto che ci sia collegialità nelle scelte, sia a livello di partito sia in giunta e con gli alleati».

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