Il provvedimento di scioglimento del Comune di Palagonia (Catania) «deve ritenersi pienamente legittimo essendo stata correttamente evidenziata la presenza di contatti ripetuti e collegati alle scelte gestorie dell’amministrazione comunale degli organi di vertice politico-amministrativo con soggetti appartenenti alla criminalità locale, e la completa inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune». Così il Tar del Lazio in una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall’ex sindaco di Palagonia, eletto nelle ultime due competizioni elettorali, e dagli altri amministratori cittadini, confermando quindi il Dpr con il quale il 9 agosto dello scorso anno è stato disposto lo scioglimento del Comune per presunte forme d’ingerenza da parte della criminalità organizzata. Il Tar ha ritenuto che «I numerosi elementi riportati nelle relazioni a sostegno dell’esistenza di un condizionamento dell’apparato amministrativo del Comune da parte di soggetti collegati alla criminalità locale, la cui sussistenza non è stata efficacemente contestata con le doglianze proposte, evidenziano un quadro probatorio ampiamente idoneo a supportare le determinazioni impugnate». I giudici hanno poi ritenuto che «la relazione prefettizia, poi recepita dal provvedimento di scioglimento, ha riportato una serie di vicende significative in ordine all’esistenza di consolidati rapporti di cointeressenza tra gli amministratori del Comune e soggetti collegati alla locale criminalità organizzata“; ed «è stata evidenziata la presenza di vincoli familiari di componenti dell’apparato burocratico-amministrativo con soggetti controindicati ed una generalizzata condizione di illegalità nei diversi settori dell’azione amministrativa, con particolare riferimento agli affidamenti di contratti, alle verifiche antimafia, ai controlli antiabusivismo e all’ambito economico-finanziario». Quanto al quadro descritto nei provvedimenti impugnati, infine, «le contestazioni contenute nel ricorso si palesano inidonee a confutare le valutazioni operate dall’Amministrazione, poiché non confutano le circostanze di fatto né elidono gli elementi sostanziali che emergono da quanto riportato, incentrandosi sull’ipotetico diverso significato o l’irrilevanza di alcune circostanze che, però, non possono essere riguardate singolarmente, ma devono essere apprezzate con riferimento al contesto delineato».