Catania

Lunedì 13 Gennaio 2025

Bronte, 103 anni e non sentirli: la storia di nonno Sebastiano sopravvissuto alla Siberia

Compie 103 anni il reduce Sebastiano Barbagiovanni, per quasi tre anni prigioniero in Russia nella Seconda guerra mondiale. Classe 1922, quinto di sette figli, oggi (12 gennaio) ha festeggiato a Bronte, in provincia di Catania, con tanto di torta tricolore, insieme alla moglie Rosalia (da 72 anni al suo fianco), figli, nipoti e pronipoti e con il pensiero a Sara, l’unica sorella rimastagli, da pochi giorni centenaria anche lei. Dai più è ricordato per i suoi 20 anni da cantoniere Anas, dove a 45 anni fu assunto in quanto mutilato di guerra, i primi 4 anni impiegato a Cesarò e per 16 caposquadra nella cittadina etnea. Originario di Tortorici, orfano di padre a soli 5 anni, a Bronte compiuti vent’anni riceve la cartolina d’arruolamento. Il 15 marzo 1942 è in forza al 111° Reggimento Fanteria di Trento, poi viene trasferito a Cuneo per le grandi manovre sul monte Bianco. A ottobre del ’42, si trova in guerra al fronte russo, sul fiume Don, con l’80° Reggimento Fanteria Mobilitato - 12ª Compagnia, del Corpo di spedizione italiano in Russia. Catturato dai russi, il soldato Barbagiovanni a febbraio del 1943 finirà in Siberia, dove avrà amputato l’avampiede destro congelato e conoscerà il freddo glaciale e quello che chiama ancora «il pane del prigioniero». I ricordi dell’ultracentenario, che abbiamo incontrato ieri nel giorno del 103° compleanno (ma lui è certo di essere nato a dicembre), in casa sua a Bronte, si fanno più nitidi mentre prosegue nel racconto: «Trascorsi 10 mesi di prigionia fra la fame e il freddo, mi ridussi in pelle e ossa, poi fui trasferito in Asia minore. I prigionieri lavoravano nei campi di cotone, io in lavanderia, perché i mutilati non potevano fare lavori pesanti. Ogni giorno, mangiavamo zuppe e una pagnotta. Sempre fame era, ma almeno faceva caldo». «Rimpatriato per fine prigionia» il 16 ottobre 1945, dopo un viaggio in treno durato oltre un mese, a fine novembre arriva all’ospedale di Merano, l’ex combattente su quel triste periodo conclude: «Sentivo dire che dalla Russia i soldati tornati vivi eravamo il 10 per cento. Rientrai a Bronte a fine anno, per la vigilia di Natale». Ripresa l’attività familiare agricola e pastorizia, «al Cattajno, nelle 16 salme di masseria, che con i miei quattro fratelli più grandi avevamo in gabella dal marchese delle Favare, e che poi da lui comprammo» sottolinea nonno Sebastiano, «fra una transumanza e l’altra alla Nave, nei terreni del comune di Bronte sull’Etna, passando per Maletto conobbi mia moglie Rosalia Bertino e il 20 febbraio del 1953 ci sposammo. Io ho superato il secolo, lei è ancora giovane, ha 10 anni in meno». E a proposito di gioventù, alla domanda su cosa ne pensi dei ragazzi moderni, il signor Barbagiovanni è sintetico ma efficace: «I giovani di oggi non lo sanno da dove spunta il sole». Oggi la vita del reduce si svolge soprattutto in famiglia, con la sua «giovane» moglie, i 5 figli, gli 8 nipoti e i 6 pronipoti. Dalla primogenita Rosaria due nipoti (Antonio e Rosalia Portaro), tre da Vincenzo (con l’immancabile Sebastiano, Maria e a Daniela); Nunziata, la terza figlia, è nubile; da Salvatore uno (Dario) e da Giuseppe altri due (Rossella e Biagio). Pronipoti: Gioele Portaro, Gabriele Sanfilippo, Luca e Matteo Barbagiovanni, Alessandro e Francesco Grifoni.

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