Catania

Mercoledì 27 Novembre 2024

"Bancarotta fraudolenta": sequestrate due sale bingo a Catania

 
 
 
 
 

CATANIA. La guardia di finanza ha sequestrato due sale Bingo, 'Alcala' e 'Caronda', di Catania, dal valore di 15 milioni di euro, in un'inchiesta per bancarotta fraudolenta della Procura di Roma. Indagati due noti imprenditori catanesi e sei dipendenti amministrativi che avrebbero trasferito le proprietà a un prezzo incongruo a nuove società degli stessi titolari. Le sale Bingo, che hanno un passivo di 12 milioni, 11 dei quali con l'Erario, sono aperte e gestite da un amministratore giudiziario. Il sequestro delle sale Bingo 'Alcala' e Caronda', eseguito da militari della guardia di finanza del comando provinciale di Catania, è stato disposto dal Gip di Roma, Massimo Di Lauro, su richiesta del sostituto Giancarlo Cirielli, del gruppo 'Reati contro la criminalità economica' della Procura della Capitale. Contestualmente agli 8 indagati è stato notificato un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Secondo l'accusa gli amministratori della 'Giocabingo' avrebbero trasferito, a un prezzo risultato palesemente incongruo, a nuove società appositamente costituite, ma riconducibili ai due imprenditori indagati, la proprietà e la gestione delle due sale Bingo. La Procura di Roma contesta “falsificazione delle scritture contabili, sostenimento di oneri e spese non attinenti l'attività aziendale, omesso versamento delle ritenute erariali e previdenziali, dissipazione di beni aziendali e la distrazione di ingenti somme di denaro”. Condotte che, secondo le indagini delle Fiamme gialle, hanno “cagionato il dissesto della Giocabingo, che si sono completate nel 2010, con lo spostamento della sede sociale a Roma, dove nel 2012 è stata dichiarata fallita, con un passivo di oltre 12 milioni di euro, di cui ben 11 nei confronti dell'Erario e degli Enti previdenziali". Tra le contestazioni mosse dalla Procura di Roma anche avere "ripetutamente attinto risorse per centinaia di migliaia di euro dalle casse della società poi fallita, senza alcuna giustificazione economico-commerciale, per viaggi di piacere e spese personali”. Tra le operazioni contestate vi è anche »l'ingiustificata rinuncia a crediti verso società collegate per oltre 5 milioni di euro”. Secondo la Procura non trova giustificazione “la corresponsione agli stessi due amministratori, negli anni dal 2004 al 2010, periodo in cui la società era già in grave stato di insolvenza, di compensi per 2,7 milioni di euro”. Le due sale gioco continuano a essere operative e saranno gestite da un amministratore giudiziario già nominato dal Tribunale di Roma.

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