CATANIA. La vittima denuncia i propri aguzzini e li fa arrestare. E' quanto avvenuto a Catania dove un imprenditore, divenuto testimone di giustizia ha indicato agli inquirenti i propri estorsori. Così, alle prime ore del mattino di oggi, su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Catania, la polizia di Stato ha dato esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare, emessa in data in data 23 febbraio 2016 dal gip del Tribunale di Catania nei confronti di 6 persone: Rosario Piacenti, pregiudicato; Salvatrice Viola, Sebastiano Mazzei, pregiudicato, in atto detenuto per altra causa; Franco Raciti, pregiudicato, sorvegliato speciale, Lucio Stella, pregiudicato, in atto detenuto per altra causa; Sebastiano D'Antona, pregiudicato, in atto detenuto per altra causa, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di usura ed estorsione aggravata. La misura cautelare accoglie gli esiti di attività di indagine - anche di carattere tecnico – coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania e delegate alla Squadra Mobile a seguito delle dichiarazioni rilasciate da un imprenditore – dapprima nel settore della ristorazione e gestione di sale da ballo, successivamente nel settore cinematografico - divenuto testimone di giustizia, il quale a far data dall’aprile del 2014 denunciava di essere vittima di fatti di usura ed estorsione. Le indagini condotte dalla Sezione Reati contro il Patrimonio - “Squadra Antiracket” permettevano di appurare che la vittima aveva versato per circa un decennio a Rosario Piacenti e sua madre Salvatrice Viola, somme di danaro a titolo di interessi oscillanti tra il 5% ed il 10% mensili, per un importo totale di circa € 600.000. L’accordo usuraio prevedeva il pagamento di interessi mensili costanti sino al momento della restituzione della somma capitale in una o più rate. A fronte del prestito della somma di € 200.000 consegnata nel 2005 dai due indagati, la vittima avrebbe dovuto versare la somma mensile di € 11.200 (€ 134.400 annui). I due indagati sono rispettivamente figlio ed ex moglie di Giovanni Piacenti (cl.1947) soprannominato “l’elegante”, pregiudicato in atto detenuto, esponente di vertice dell’omonimo clan mafioso inteso “Ceusi” radicato nel rione cittadino di Picanello. Il produttore cinematografico, nel 2007, preso dalla disperazione per gli interessi usurai maturati, si rivolgeva a Franco Raciti, noto esponente dell’organizzazione Mazzei - “Carcagnusi” allo scopo di mediare nella situazione debitoria nei confronti della famiglia Piacenti. Da quel momento l’imprenditore veniva assoggettato dall'organizzazione mafiosa e costretto al pagamento di somme a titolo di estorsione che coinvolgevano i vertici della cosca rappresentati dal responsabile Sebastiano Mazzei nonchè da Lucio Stella e Sebastiano D'Antona (poi passato al clan Laudani e attinto da ordinanza cautelare nell’ambito dell’operazione denominata “Vicerè”). A Franco Raciti e Sebastiano D'Antona è contestato un episodio di estorsione aggravata, commesso nel 2007, avendo costretto la vittima, a titolo di “protezione” e “messa in regola”, quale titolare di un club- ristorante a versare la somma di 500 euro mensili. A Sebastiano Mazzei, Franco Raciti e Lucio Stella è contestata un’estorsione aggravata, commessa dal 2009 al 2014, perché hanno costretto l’imprenditore a versare, a titolo di protezione, in più occasioni, somme di danaro per diverse centinaia di euro e promettere la somma di euro 5.000 euro da versare al momento dell’uscita dell’ultimo film prodotto dalla casa cinematografica della vittima. A Raciti , infine, è contestata un’estorsione aggravata, commessa nei primi mesi del 2007, avendo costretto la vittima a versare la somma di 500 euro al fine di rientrare in possesso di un motoveicolo BmwR 1200 oggetto di furto avvenuto pochi giorni prima. A Mazzei, Raciti, D'Antona e Stella è stata contestata l’aggravante di aver commesso i fatti in quanto facenti parte dell’organizzazione mafiosa denominata clan Mazzei ed al fine di agevolarla. Espletate le formalità di rito, gli arrestati sono stati associati presso le locali case circondariali a disposizione dell’autorità giudiziaria.