Catania

Martedì 26 Novembre 2024

La retata di Catania, il ruolo del "broker" della droga Santo Sicali. Nomi e foto degli arrestati

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Gli affari prima di tutto. È una caratteristica, storica, della criminalità, anche organizzata, di Catania dove gruppi rivali e contrapposti sono disposti a mettere da parte le loro «divergenze», per fare soldi insieme. È quello che torna ad emergere dall’operazione Alter Ego dei carabinieri del Comando provinciale di Catania, coordinate dalla Dda, che hanno portato all’arresto di 12 persone accusate di gestire un vasto traffico di droga che arrivava da Albania, Olanda, Calabria e Puglia e veniva rivenduta anche nel Siracusano e a Malta. «Piazzando» hashish, marijuana e cocaina anche a esponenti di clan mafiosi tra loro rivali, come la cosca Cappello-Bonaccorsi e la famiglia Santapaola, a gestori di altre «piazze di spaccio», potenzialmente loro competitori. Al centro delle operazioni di «import» di droga, secondo la ricostruzione della Dda, ci sarebbe stato il quarantenne Santo Sicali. Per la Procura l’indagato, «conduceva una vita apparentemente regolare», e da qui la denominazione di «Alter Ego» all’operazione». Ma in realtà, gli contesta la Dda, «sembra godere di una certa autonomia e riconosciuta affidabilità, conquistate “sul campo” grazie alla ritenuta capacità di trafficare grosse forniture di stupefacenti tramite canali di approvvigionamento aperti in Italia ed all’estero, comportandosi come un vero e proprio “broker” capace di calmierare i prezzi, assicurare profitti e assecondare rapidamente le richieste dei clienti». Durante due perquisizioni, nel 2018 e nel 2019, nella sua abitazione e in un fondo in sua proprietà, carabinieri del nucleo operativo dei carabinieri della compagnia Piazza Dante hanno sequestrato, complessivamente, oltre 370 mila euro in contati, un «libro mastro» in cui erano annotati nomi, pseudonimi e cifre riferite al traffico di droga, 21 chili di cocaina, una pistola con numero di matricola abrasa e delle munizioni. Durante le indagini alcuni degli indagati, in «odore» di mafia, sono stati ripresi mentre si salutavano con il classico «bacio in bocca» che si scambiano gli affiliati alle cosche. Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Dda di Catania, erano state avviate dopo tre arresti e sequestri antidroga compiuti nell’estate del 2018 correlati fra loro: il primo ha coinvolto Gregorio Drago, sorpreso con due complici nel Villaggio Sant'Agata a scaricare, da una Bmw, 242 chili; poi Orazio Musumeci e Antonino Sebastiano Battaglia, quest’ultimo esponente del clan Santapaola, che aveva noleggiato l’autovettura utilizzata per il trasporto. Mentre nella casa di Rosario Zagame, ritenuto esponente della cosca Cappello-Bonaccorsi, circa un mese dopo, sono stati trovati 57 chili di hashish, 1,6 chili di cocaina ed armi. Ulteriori indagini hanno permesso di fare ipotizzare ai carabinieri e alla Dda «l'esistenza di una strutturata associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacenti nel rione Villaggio Sant'Agata di Catania capace di immettere sul mercato - spesso con il supporto dello stesso Sicali - ingenti quantitativi di droga di ogni genere, nell’ordine delle centinaia di chili, proveniente dall’Albania o dall’Olanda e destinata alle piazze catanesi di loro competenza oppure talvolta a Malta». Dalle intercettazioni è emerso anche che «il sodalizio sembra garantire il mantenimento economico e l’assistenza legale ai famigliari dei sodali arrestati». I carabinieri, «seguendo» Sicali sono riusciti a «documentare contatti con i referenti di altre importanti piazze di spaccio di differenti zone della città, con i quali l’indagato sembrava pianificare la compravendita di regolari ed ingenti quantità di droga». Sicali, inoltre, «intratteneva rapporti commerciali» anche con un altro presunto esponente dei Cappello-Bonaccorsi, Alfio Castagna, che, secondo l’accusa, gestirebbe la storica piazza di spaccio delle «Salette», nel cuore del quartiere di San Cristoforo, e teneva contatti con Nicolò Zagame, che, secondo l’ipotesi accusatoria condivisa dal gip, avrebbe ereditato dal padre Rosario la gestione della piazza di spaccio del «Tondicello della Plaia».

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