Il delitto di Riposto, l'omicida aveva detto all'avvocato «Mi aspetti, vengo io dai carabinieri»
«Avvocato sto venendo, vengo io». Così Salvatore Turi La Motta, 63 anni, ha risposto al suo avvocato Antonino Cristofero Alessi, che lo aveva appena chiamato dalla caserma dei carabinieri di Riposto. L’ergastolano in permesso premio, poi suicida, era ricercato dalle forze dell’ordine nell’ambito delle indagini su due femminicidi commessi ieri mattina a Riposto. L’avvocato era nella caserma dei carabinieri per seguire un altro caso. Sono stati i militari dell’Arma a chiedergli di mettersi in contatto con il suo assistito per convincerlo a consegnarsi. «Ho chiamato La Motta utilizzando il viva voce - ricostruisce il penalista - e gli ho detto di costituirsi ai carabinieri, di dirmi dove si trovava, che potevano andare a prenderlo e sapendo che poteva contare sulla mia presenza per l’immediata assistenza legale. Lui mi ha risposto “sto venendo, vengo io”. La Motta - aggiunge - è arrivato cinque minuti dopo. Aveva un’arma in mano e mi ha chiamato Antonio, con il mio primo nome. I carabinieri gli hanno intimato di posare la pistola, e poi ho sentito lo sparo....». La Motta si è suicidato davanti alla caserma dei carabinieri. «Mai avrei immagino - sottolinea il penalista - che potesse accadere tutto questo, non c'è stato nessun segnale pregresso, nessuno. Impensabile. Era un detenuto che aveva usufruito dei permessi di legge per buona condotta: lavorava a Riposto, prima in un panificio, poi in una rivendita di formaggi. Durante i due anni di Covid dormiva a casa della sua famiglia, dal 3 gennaio, finita l’emergenza pandemica, rientrava la sera nel carcere di Augusta». L’avvocato parla poi delle vittime. «Le due donne uccise ieri - dicele conoscevo, erano due care ragazze. Non mi ricordo di contatti tra loro o con La Motta. Lui non era sposato e non so se frequentasse qualcuna in particolare, avevo capito che c'era una piccola storia in particolare, ma atteneva alla sua sfera privata e non al nostro rapporto professionale. Ma niente lasciava presagire minimamente quello che è successo». Le vittime sono Melina Marino, di 48 anni, freddata nella sua auto nel lungomare Pantano, e Santa Castorina, di 50, assassinata sul marciapiede di via Roma. Il collegamento tra le due donne e l'uomo sono al centro delle indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del nucleo Investigativo del Comando provinciale di Catania, coordinati dalla Procura distrettuale etnea.