CATANIA. “La Natività di Gesù Bambino”, secondo la tradizione catanese dell’opera dei pupi, è uno spettacolo che incanta, coinvolge ed entusiasma grandi e piccini, con applausi a scena aperta. Protagonisti assoluti della scena i pupi catanesi della Marionettistica Fratelli Napoli. Una storia antica ed attuale, che trasporta il pubblico nella realtà inossidabile della Natività, senza trascurare la risata. La lotta del simbolo del Bene (l’Angelo) e del simbolo del Male (il Diavolo) nel momento cruciale dell’Incarnazione di Cristo. Un copione elaborato da Fiorenzo e Alessandro Napoli sulla base de “La Cantata dei Pastori” di Andrea Perrucci e dagli antichi canovacci dell’opera dei pupi. Uno spettacolo che abbraccia una fascia d’età che va di bambini dai 6 anni in su e gli adulti, che ritrovano un po’ della fanciullezza perduta. Ottanta minuti di spettacolo puro senza interruzioni se non quelli costituiti dai rapidi cambi di scena peraltro sottolineati da entusiastici applausi. Teatro di Figura tradizionale, la rappresentazione utilizza le tecniche e i linguaggi dei pupi siciliani di tradizione catanese.
Una recitazione dal vivo con animazione nascosta, che si avvale di strutture scenografiche poste sul palco, rappresentando gli ambienti attraverso fondali dipinti ed oggetti in scena. Coinvolgente la base musicale originale di Andreassi e di repertorio. Lo spettacolo, assolutamente da non perdere, in questo periodo in scena nelle città catanesi, recupera un momento di grande interesse del teatro dei pupi tradizionale: a Natale infatti il ciclo epico dei paladini veniva temporaneamente interrotto per rappresentare il lavoro del Perrucci opportunamente adattato dai pupari alle esigenze di gusto del pubblico siciliano.
Il comico napoletano della “cantata” Razzullo, è stato sostituito da “Peppininu” maschera tradizionale del teatro dei pupi catanese, che regala momenti di grande comicità pur nella drammaticità degli eventi. Nell’attesa dell’avvento del redentore del mondo, San Giuseppe – non ancora santo – tribola per la maternità di Maria. “Che è , si domanda il vecchio falegname, “questa gravidanza?” E prega, il pover’uomo, prega Dio che “dall’alto Empireo/disgombri i suoi sospetti”. E giù l’Angelo Guerriero che, se gli fa la scena dell’Annunciazione, gli complica le cose. D’accordo, la maternità di Maria è opera dello Spirito Santo, ma ora c’è il censimento decretato da Augusto e, rivolto a Maria, il vecchio esclama: “SE da te aspetto l’Uomo Dio,/come dir potrò che Dio è figlio mio?/Onde per non turbar l’onor che Dio s’aspetta/si lasci Nazaret e si parta in fretta”.
E va via con Maria. E’ la “peregrinatio” che attraverso un paesaggio agreste di contadini siciliani, la coppia divina compirà fino alla grotta di Betlemme. Ma giungervi non sarà facile. Il Maligno metterà in opera tutto il suo potere demoniaco per annientare la “coppia ria/Giuseppe e Maria”. Fra gli attoniti pastori, egli, il Signore del Male, inventa un’ osteria con cibo avvelenato, un torrente in piena ed altri inganni, affinchè Maria non partorisca, chè, da colei “nascerà il disinganno delle speranze” sue. Le prova tutte lui, ma finisce per essere bastonato dall’ Angelo che brandisce una spada fiammeggiante. S’era messo in testa di battere l’ Onnipotenza divina, ma ha fallito tutti i sortilegi ed infine si trasforma in serpente per fermare Maria davanti la fatidica grotta, ma quell’Angelo gli scompiglia le carte: l’agguato infernale diventa il quadro dell’immacolata Concezione. Il Demonio è vinto per sempre ed i pastori sono invitati al presepe dalla Stella d’Oriente dove Gesù nasce fra il bue e l’asinello, i re magi e Peppenino che accoglie il bambinello con la voce ingenua dell’ eterna speranza dei poveri in un mondo migliore.
Servizio di Mario Pafumi
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