Il cimitero monumentale di Catania diventa protagonista delle Giornate d’Autunno del Fai. Un percorso alla scoperta delle proprie origini e della storia, ideato e voluto dal capo delegazione FAI della città etnea Maria Licata e dal gruppo giovani FAI (Silvia Majorana). Le visite sono iniziate sabato 17 ottobre. All’ingresso de “I tre cancelli” si percorrono le scalinate che portano alla tomba di colui che è stato il sindaco etneo per antonomasia: Giuseppe De Felice. Dalla storia di un grande politico a quella di una giovane suicida, Angelina Mioccio: promessa sposa di un uomo per cui non provava alcun sentimento. Così la decisione di togliersi la vita lanciandosi dalla torre del castello di Leucatia, commissionato proprio per lei e per il futuro coniuge. Nella cappella di famiglia la ragazza era stata sepolta imbalsamata con l’abito nuziale: la tecnica utilizzata per la tumulazione è stata oggetto di analisi di molti studiosi. Tra i viali alberati e le cappelle gentilizie si trovano poi i sepolcri di altri personaggi che hanno fatto grande Catania. Al “Viale degli uomini illustri” si resta incantanti al riecheggiare dei nomi di Masi Marcellini, Angelo Musco e Giovanni Grasso: grandi attori del teatro dialettale e non. Così come viene subito in mente la “Provvidenza” nel vedere la tomba di Giovanni Verga: umile e spoglia per suo volere, ma lasciata all’abbandono per tanto tempo e per l’occasione omaggiata e arricchita dai fiori di Radicepura. E ancora: il pittore Antonino Gandolfo, il giurista autore del libro sulla redenzione del reo confesso Vincenzo Lanza, l’archeologo Vincenzo Casagrandi, il fisico Enrico Boggio Lera. Da un pezzo di storia a un altro: così si legge il nome del musicista Francesco Paolo Frontini (autore della melodia del brano “Ciuri ciuri”), del giurista Pietro Delogu, dello scrittore Federico De Roberto e del poeta e docente universitario Mario Rapisardi. Al cimitero, che sorge su una collina non spianata per volere dell’architetto Filadelfo Fichera, tra lo scorcio dell’Etna che giganteggia alle sue spalle e le vie e i monumenti che ricordano i quartieri di Parigi, si resta ammaliati dalla bellezza dello stile romano, arabo, normanno, bizantino e greco. Architetture che sono carattere distintivo di una commistione di culture che hanno influenzato nei secoli la città dell’Elefante. Le cappelle raccontano e dicono tanto del suo passato. Tra le tante spicca quella del XV secolo della confraternita dei Bianchi, laici dediti all’assistenza dei malati e dei condannati a morte. Tutt’intorno archi e colonne, e alcune linee che spezzano e creano una frattura: è il caso della cappella del professore Cavallaro Freni, in stile egizio e con sfingi a guardia del portone. Così come quella della famiglia Di Mattei e la sua struttura che invita a guardare verso l’alto, dove spicca l’”Angelo della morte”. Una parte del passato è racchiuso nelle cappelle delle Benedettine e delle famiglie facoltose come i Feo, proprietari di un cotonificio, dei Moncada, dei Cruyllas e dei Sollima. Quest’ultima saccheggiata in tempi recenti di molte ricchezze presenti al suo interno. Altro spazio è riservato alla comunità elvetica, che ha investito economicamente nella città etnea: così si scoprono (e riscoprono) i gioiellieri Ritter, i Caflisch e gli Engwiller. Dalla storia e dalle grandi famiglie ai portatori di valori e di chi ha lottato per la propria terra. Monumenti e sepolcri sono in onore delle Piccole Sorelle dei Poveri, degli indipendentisti, delle vittime dei moti del 1837, dei caduti di Nassiriya e dei vigili del fuoco che hanno perso la vita durante l’esplosione di via Garibaldi nel 2018. Come una biblioteca ricca di libri da sfogliare e da leggere, il cimitero racchiude la nostra storia e permette di far capire chi eravamo, chi siamo e in che direzione andare.