Il sequestro preventivo di beni eseguito dai carabinieri del Comando provinciale di Catania colpisce il patrimonio riconducibile a Giovanni Comis ed ai suoi familiari conviventi.
Comis, arrestato nel gennaio 2017 nell’ambito dell'inchiesta Orfeo e condannato, dopo essere tornato in libertà, è stato nuovamente arrestato lo scorso 15 ottobre nell’ambito dell’operazione Picaneddu del Nucleo investigativo dei carabinieri di Catania, in quanto ritenuto responsabile dei reati di concorso in trasferimento fraudolento di valori (nello specifico, al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione, aveva fittiziamente attribuito la titolarità proprio di uno degli immobili oggetto dell’odierno sequestro ad un imprenditore compiacente) ed autoriciclaggio (in qualità di vertice del gruppo mafioso avrebbe utilizzato il denaro provento delle attività del sodalizio mafioso per l’acquisto e la ristrutturazione dello stesso bene).
Il provvedimento mira a colpire un patrimonio che, sulla base degli accertamenti svolti dai militari, sarebbe stato acquisito in assenza della necessaria copertura economica/finanziaria, ma con proventi derivanti dall’illecita attività svolta da Comis, considerato «un soggetto di elevatissimo spessore criminale - come spiega il maggiore Simone Musella, comandante del Nucleo investigativo), inserito nel gruppo di Picanello della famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola-Ercolano». Già reggente del gruppo di Picanello, prima dell'arresto, Comis ricopriva incarichi di vertice, così come riferito a vario titolo anche dai collaboratori di giustizia Giuseppe Scollo e Antonio D’Arrigo.
In particolare, è emerso che, almeno dal 2008 ad oggi, Comis ed il nucleo familiare di appartenenza hanno tratto i propri mezzi di sostentamento da redditi di provenienza illecita (grave è risultata la sperequazione reddituale), mentre la «pericolosità sociale» di Giovanni Comis – sottoposto dal 29 aprile 2019 alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno – si è manifestata nel corso di tutta la sua storia criminale, come si evince dalle numerose condanne, alcune delle quali irrevocabili (la prima per fatti commessi nel 1991), per associazione di tipo mafioso, partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Nel video parla il maggiore Simone Musella, comandante del Nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Catania.
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