La luce stemperata sulla tela che illumina dolcemente il «paesaggio del cuore», quello della Sicilia agraria dell’entroterra ennese, il cromatismo vibrante che restituisce la dimensione emotiva, e poi una poetica malinconica, tra nostalgie e memorie, che si è nutrita dei tumulti del '900: si apre il 31 ottobre al Palazzo della Cultura di Catania l’antologica «Libero Elio Romano. 1909 - 1996», organizzata dall’Accademia di Belle Arti di Catania (Abact), in collaborazione con il Centro Studi d’arte Elio Romano e con il Comune di Catania. Allestita fino al 20 gennaio 2023 con ingresso gratuito, e a cura di Vittorio Ugo Vicari, la mostra approfondisce nelle sue quattro sezioni cronologiche le varie fasi della vita (privata e artistica) del maestro siciliano (Trapani 1909 - Catania 1996), dagli anni della formazione a Catania a quelli dello studio accademico a Roma e Firenze, e poi la guerra e il dopoguerra fino agli anni della maturità: l’idea è quella di indagare la poetica malinconica di Romano a 27 anni dall’ultima antologica a lui dedicata a Catania (Castello Ursino, anno 1995, a cura di Giuseppe Frazzetto) attraverso un percorso che privilegia lavori non ancora noti al grande pubblico. Frutto di una lunga e accurata ricerca (più volte interrotta dall’emergenza della pandemia) condotta da Vicari e da altri colleghi storici dell’arte fra gli archivi di accademie, università e musei, il progetto espositivo presenta infatti 57 opere poco viste o del tutto inedite provenienti da collezioni private: paesaggi rurali dalle pennellate corpose e veloci; scorci di interni con nature morte, una galleria di ritratti di familiari, sculture, due marine nella luce della nera scogliera lavica di Catania e una raccolta di nudi, dalla trama pastosa e sensuale. Ma la mostra racconta anche altro, dando attenzione ad alcuni cruciali aspetti biografici: come quando a Roma, vicino ad ambienti di intellettuali che si opponevano al regime fascista, l'artista venne ricercato dalla polizia politica e nel 1938 fu costretto a fuggire, riuscendo a tornare in Sicilia e a nascondersi nelle campagne di Morra insieme alla famiglia. E poi proprio qui, nella sua terra, si impegnò per dare rifugio per circa 3 anni alla scultrice ebrea Ingeborg Franck Hunzinger, sottraendola così alle persecuzioni razziali, insieme al compagno di lei, il pittore tedesco secessionista Helmut Ruhmer. Sperimentando nuovi modi di divulgazione, l’antologica ha un corposo apparato multimediale: a completare il percorso una installazione ambientale di Umberto Naso, accanto a proiezioni, un video d’epoca restaurato e integrato dagli interventi del curatore e le stampe 3D di alcune sculture che potranno essere «toccate» dal pubblico, dai bambini e dai non vedenti. Non manca anche una straordinaria animazione digitale delle opere di Elio Romano (a cura di Enrico La Rosa, responsabile dell’allestimento espositivo) per offrire una sorta di visita virtuale e immersiva «dentro i quadri», nei luoghi e con le persone care al maestro, protagonisti delle sue opere. «La mostra sdogana Elio Romano da quella che è la critica d’arte e lo consegna alla storia», spiega il curatore Vittorio Ugo Vicari, che ha iniziato a studiare Romano sin dagli anni Novanta quando era alla scuola di specializzazione di Firenze e negli archivi fiorentini ha approfondito la conoscenza grazie a documenti e bozzetti studio del maestro siciliano, «da storico dell’arte, infatti, ho adottato un metodo umanistico che studia i contesti, la mentalità, la cultura che gravitano intorno all’autore. Così il catalogo che, con un approccio interdisciplinare, propone contributi che parlano molto dei contesti: da quello familiare e personale a quello sociale entro cui opera, fino ad arrivare alle macrostrutture della produzione e della critica coeva».