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Femminicidi, si aggrava il bilancio: "Ogni 3 giorni in Italia una donna uccisa"

I fiori rossi in memoria delle donne vittime di violenza

Una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo: mentre gli omicidi diminuiscono, i numeri dei femminicidi e degli altri reati violenti sulle donne, secondo i dati Istat, restano fermi.

I dati, però, in alcuni casi presentano alcune discrepanze. E così se per le Forze dell'Ordine, in un rapporto uscito in occasione del 25 novembre di quest'anno, sono 32 i femminicidi registrati in Italia nei primi nove mesi del 2018, per la "Casa delle donne per non subire violenza" di Bologna, unica banca dati italiana, da gennaio risultano 82 donne uccise.

Ultimo, in ordine di tempo, che aggiorna il triste elenco è l'omicidio avvenuto a Giarre: Sara Parisi, è stata uccisa con colpi di pistola dall'ex marito, dal quale era separato da anni, che poi si sarebbe suicidato con la stessa arma, sebbene la sua morte sia ancora un giallo.

"Noi ci affidiamo a questi dati - dichiara Maria Grazia Patronaggio, presidente della onlus Le Onde - perchè proprio la Casa delle donne di Bologna è l'associazione che per prima ha cominciato a raccogliere i dati sui femminicidi. I dati vengo raccolti sulla base degli articoli di cronaca, il che significa che anche questi dati sono ampiamente sottostimati".

"Al contrario di quanto sostiene la Polizia, purtroppo, il dato è abbastanza fermo, negli ultimi anni sono sempre circa 120 donne uccise all’anno. Femminicidio non indica solamente l'uccisione di una donna ma anche il movente. Nel "femminicidio" - aggiunge - le donne vengono uccise per le loro scelte di libertà o perchè vogliono sottrarsi ad una relazione violenta. A volte con loro perdono la vita anche le figlie e i figli. Quando si analizzano statisticamente gli omicidi si deve sapere esattamente cosa si intende per femminicidio. A volte tale definizione non è univoca e questo porta ad avere dati così discordanti".

Numeri significativi anche per quanto riguarda le denunce. Secondo la Polizia di Stato nel quadriennio 2014-2017, così come scritto nel rapporto "Questo non è amore",  si evidenzia una flessione dei reati di stalking, i maltrattamenti in famiglia, le violenze sessuali , le percosse. "Ma attenzione - avverte la dott.ssa Patronaggio -, i dati della polizia segnalano una diminuzione delle denunce, non del fenomeno. Sia il Ministero dell’Interno che quello di Giustizia hanno unicamente a disposizione i dati delle denunce . In Italia non esiste ancora un sistema di rilevazione nazionale delle donne che si rivolgono, a causa di situazioni di violenza, ai servizi sanitari  e sociali. A livello non istituzionale, l’unica rilevazione sulle donne vittime di violenza accolte dai Centri antiviolenza è quella annuale condotta dall’associazione nazionale dei Centri antiviolenza D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, relativa alle donne accolte dalle 81 associazioni aderenti alla rete, di cui l'associazione Le Onde ONLUS è socia fondatrice. Le donne che si sono rivolte ad uno dei centri antiviolenza appartenenti a D.i.Re nel 2017 sono in totale 20.130. Le donne “nuove” che hanno contattato i Centri antiviolenza nel corso del 2017 sono state 13.956".

Nella violenza rientra anche lo stalking all'interno delle relazioni intime e prende corpo quando la donna decide di interrompere la relazione violenta. Dai dati dell'associazione Le Onde Onlus risulta che lo stalking ha riguardato il 17% delle donne che si sono rivolte al servizio telefonico. Il dato a livello nazionale per l'associazione nazionale D.i.Re è di 16,1%. Sia a livello nazionale che a livello locale la comparazione dei dati rispetto al 2016 è sostanzialmente invariata.

Spesso, dopo i delitti, da più parti vengono accusate le istituzioni, ree di non fare abbastanza e si punta il dito sulle leggi che non sarebbero in grado di salvaguardare le donne.

"Il quadro normativo italiano ha recepito i principi della Convenzione di Istanbul e di altri documenti internazionali. La normativa è adeguata - dichiara la dott.ssa Patronaggio - e le pene sono congrue se venissero applicate. Ma così non è. Il punto non sono le leggi ma la loro applicazione".

"Il non avere un sistema di protezione e sostegno adeguati, cioè servizi dedicati a cui rivolgersi e difficoltà economiche" intimorisce le donne dal presentare denunce. "Molte donne non lavorano o - continua - sono economicamente più deboli e con contratti precari. Tale situazione è un deterrente per venir fuori da una situazione di violenza".

Il ddl ‘Codice rosso’, approvato dal Consiglio dei ministri su proposta del guardasigilli e della titolare del dicastero della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, contiene misure per una più efficace tutela delle donne vittime di violenza maschile.

"L'obiettivo - dichiara la Patronaggio - è quello di avviare con maggiore tempestività i procedimenti penali riguardanti casi di violenza sulle donne e garantire strumenti più efficaci sia per l'adozione di provvedimenti cautelari sia per attuare misure di prevenzione a sostegno delle vittime. Secondo quanto indicato nel testo, le denunce per maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, commessi in contesti familiari o di convivenza, saranno portate direttamente al pubblico ministero, che - ricorda - dovrà ascoltare la donna entro tre giorni".

"In realtà basterebbe che le donne dentro le aule giudiziarie venissero credute, ciò che spesso non avviene subendo ciò che noi chiamiamo vittimizzazione secondaria, e non venissero accusate di 'alienazione parentale' per rendere più efficaci le leggi già esistenti. Non occorrono nuove leggi o maggiori pene ma risorse per i Centri antiviolenza al fine di sostenere le donne nei percorsi di uscita dalla violenza e Case rifugio ad indirizzo segreto per la loro protezione. Servizi dedicati che - conclude - devono essere in rete con forze dell'ordine e autorità giudiziaria così che le donne nel momento in cui denunciano alle forze dell'ordine possano contare su un sistema di sostegno e protezione".

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