La Procura di Catania ha chiesto la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione di Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia, per istigazione al suicidio e per il ricorso all’eutanasia nel 2019 in Svizzera di una 47enne della provincia etnea. Il processo si celebra davanti alla Corte d’assise d’appello dopo il ricorso del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e del sostituto Andrea Brugaletta contro la sentenza di assoluzione, «perché il fatto non sussiste», emessa il 10 novembre del 2021 dal gup Marina Rizza, a conclusione del processo celebrato col rito abbreviato.
Al centro del procedimento il ricorso all’eutanasia in una clinica di Zurigo, il 27 marzo del 2019, di una donna catanese che non era malata terminale, ma soffriva di depressione e sindrome di Eagle, e che si era iscritta all’associazione Exit.
Secondo la Procura, che ha coordinato indagini di carabinieri e polizia postale, Coveri «ha fornito un contributo causale idoneo a rafforzare un proposito suicidario prima incerto e titubante su una persona affetta da patologie non irreversibili benché dolorose, anche perché non ben curate, sfruttando l’influenzabilità della donna per inculcare le sue discutibili idee di suicidi assistito come soluzione alle sofferenze fisiche e morali della vita». Per l’accusa «la scelta individuale, assunta in piena autonomia deve essere rispettata», ma bisogna valutare se «noi riteniamo che sia lecito proporre alle persone che non versano in condizioni di patologia irreversibile, magari soltanto depresse, il suicidio come unico rimedio ai propri mali». «La signora - ha sempre sostenuto Coveri - era una nostra associata e le abbiamo semplicemente fornito, su sua richiesta, le informazioni che le servivano per prendere una decisione. Una procedura normale». Il processo è stato aggiornato al prossimo 28 giugno.
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