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Catania, vedova uccisa al cimitero
Arrestato il figlio: svolta dopo 3 anni
Incastrato dall'esame del Dna

CATANIA. Sarebbe stato incastrato dalle tracce del suo dna il figlio di Concetta Velardi, la vedova di 59  anni  assassinata con colpi di pietra il 7 gennaio 2014 nel cimitero  di Catania. La polizia scientifica ha trovato tracce biologiche sul luogo del delitto, che sono state  confrontate con quelle del figlio. Gli agenti della polizia hanno dato esecuzione ad ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Angelo Fabio Matà perché ritenuto responsabile dell’omicidio della madre.

Inizialmente insieme a Matà c’erano altri due indagati, che conoscevano la donna e che nel giorno del delitto sarebbero stati in zona. Fu proprio Matà a dire di aver  trovato il cadavere della madre che aveva accompagnata a fare visita, come ogni giorno, al marito Angelo e all'altro figlio di Maria Concetta Velardi,  Lorenzo, entrambi morti per i postumi di malattie incurabili. Il  corpo è stato trovato non distante dalla cappella di famiglia.

Matà avrebbe ucciso la madre al culmine di una lite nel cimitero. L'uomo avrebbe a lungo covato rancore nei suoi confronti perché la riteneva di ostacolo alla realizzazione di progetti di vita personale. L'avrebbe dapprima colpita più volte con un grosso mattone alla nuca. Per non essere visto ne avrebbe poi trascinato il corpo in un corridoio tra le cappelle e le avrebbe ripetutamente scagliato contro un grosso masso di pietra lavica. La donna sarebbe morta dopo 40/45 minuti di agonia.

Secondo la ricostruzione della polizia l'omicidio di Maria Concetta Velardi è avvenuto tra le 15.30 e le 15.45 e il figlio per quell'ora si sarebbe trovato nel cimitero. Testimoni inoltre hanno raccontato di aver sentito le urla di una lite. A compiere il delitto inoltre sarebbe stata una persona con una notevole forza fisica.

Dopo aver ucciso la madre Matà avrebbe messo in piedi una messinscena per crearsi un alibi: avrebbe preso l'auto e fatto un giro passando, senza un motivo, da un meccanico e da un bar. Poi sarebbe ritornato ed avrebbe 'scoperto' il cadavere della madre. Matà inoltre, secondo quanto accertato, non lasciava mai sola la madre e le telefonava molto spesso, cosa che quel giorno non avrebbe fatto neanche una volta, hanno sottolineato gli investigatori, che hanno inoltre accertato da un controllo delle celle telefoniche che dopo l'omicidio l'uomo ha portato con sé il telefono cellulare della madre.

A dare l'allarme è stata una donna, alla quale l'uomo ha chiesto aiuto, che ha chiamato il 118 usando il telefono dell'uomo, sporco di sangue. Secondo quanto accertato dalla polizia scientifica di Palermo e Catania, la donna ha graffiato con la mano destra il figlio, fatto dimostrato sia dalla presenza di materiale genetico riconducibile a Matà sotto due unghie della mano destra della vittima, sia dalla presenza di sangue dell'indagato, misto a quello della madre, sugli abiti e sullo sportello dell'autovettura dell'uomo.

Sul dorso della donna sono state trovate ferite causate dal trascinamento del corpo. Sulla scena del delitto gli investigatori hanno trovato un centinaio di oggetti che hanno evidenziato la sola presenza, vicino alla cappella di famiglia, della donna e del figlio, oltre alle due grosse pietre usate per uccidere la donna, del peso rispettivamente di 23 e 18 chilogrammi. Inoltre sono state trovate tracce di sangue della donna vicino la maniglia della portiera posteriore destra dell'auto del figlio.

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