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Delitto di una casalinga di San Gregorio, la difesa del marito: "Accusato ingiustamente"

Antonio Di Grazia: «I miei nipoti indotti a fornire un tenue filo di canapa ad un ambizioso tenente»

SAN GREGORIO. «Il motivo per cui mi trovo qui è un coacervo di interessi che hanno indotto i miei nipoti a fornire un tenue filo di canapa ad un ambizioso tenente, usato da un pm abile figlio d'arte». Ha reso dichiarazioni spontanee, prima di sottoporsi all'esame di ieri in aula, Salvatore Di Grazia, l'uomo imputato per omicidio e occultamento del cadavere della moglie, Mariella Cimò, scomparsa da San Gregorio il 25 agosto 2011. «Questa situazione — dice ai giudice della Corte d'assise presieduta da Rosario Cuteri - mi avvinghia e mortifica la mia vita. Mi sono stati confiscati tutti i privilegi della mia età".

E' stato questo l'inizio del serrato esame, durato diverse ore, che il pm Angelo Busacca, ha portato avanti in un crescendo di contestazioni con il «protagonista della scena», messo a dura prova davanti alle differenti versioni che fino ad oggi ha fornito, così come risulta dai verbali. «Non sono - dice Salvatore Di Grazia - mai entrato in questo contesto. Per me non c'è l'omicidio di mia moglie e quindi non riesco a concretizzare. Durante gli interrogatori il Pm ha avuto una funzione dominante e c'era un'atmosfera cupa, una condizione di costrizione fisico-psichica. Per questo in quei momenti ero assente. Ciò che ho visto, fatto e sentito non lo ricordo».

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