PALAGONIA. Un telefonino rubato trovato in un borsone a un extracomunitario mentre ritorna al Cara di Mineo che fa risalire a un duplice omicidio in villa, avvenuto a una quindicina di chilometri di distanza, a Palagonia. Le vittime sono Vincenzo Solano, 68 anni, ex operaio in Germania, e sua moglie, la spagnola Mercedes Ibanez, 70 anni, originaria di Barcellona. Lui ha diverse ferite da colpi contundenti alla testa e un taglio alla gola, in una stanza in casa, mentre lei è precipitata da un balcone, e giace per terra nel cortile della villa quasi nuda, come il marito. L'ipotesi è che siano stati sorpresi nella notte da un bandito e che ci sia stata una colluttazione finita in tragedia. Per questo l'extracomunitario, un ivoriano, è stato fermato in serata con l'accusa di duplice omicidio.
L'ivoriano di 18 anni fermato dalla polizia di Stato per l'omicidio dei coniugi di Palagonia si chiama Mamadou Kamara, ed è arrivato a Catania con uno sbarco avvenuto l'8 giugno scorso. Aveva chiesto di essere dichiarato profugo e per questo era ospite del Cara di Mineo. Aveva indossato i vestiti di Vincenzo Solano, dopo averlo ucciso, visto che i suoi erano macchiati di sangue. Il riconoscimento degli indumenti è stato fatto dalle figlie delle vittime. Secondo la tesi dell'accusa il movente è un tentativo di rapina andata a male. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera.
Le indagini partono da tutt'altro spunto investigativo. Durante i controlli, aumentati nell'ultimo periodo, all'ingresso del Cara di Mineo, uno degli oltre 3mila ospiti, il diciottenne della Costa d'Avorio, sbarcato in Sicilia nello scorso giugno, ha un borsone. La polizia di Stato lo controlla e trova un telefonino e un pc portatile. Scattano gli accertamenti e una chiamata col cellulare: risponde una delle due figlie del proprietario, che non vivono in famiglia. «Mio padre - dice preoccupata agli agenti - è una persona attenta, sono preoccupata». Fornisce l'indirizzo della villetta, a Palagonia, in via Palermo, e una pattuglia di carabinieri arriva sul posto per raccogliere la denuncia di furto. La scena che gli investigatori trovano è drammatica: il corpo della donna nel cortile e quello dell'uomo in casa, con segni evidenti di una colluttazione e la casa in disordine.
La squadra mobile di Catania sente subito l'ivoriano, che diventa il sospettato dell'inchiesta aperta della Procura di Caltagirone anche se non si trovano prove per collocarlo dentro la villetta. Non ci sono segni di effrazione, si cercano tracce di Dna e impronte digitali. Ma ci vuole tempo per una verifica. Lui nega ogni addebito e si professa innocente: «il telefonino? L'ho trovato per strada», dice alla polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Caltagirone. Una ricostruzione che per gli investigatori è debole. E una svolta potrebbe venire dall'esame della scientifica al lavoro per comparare tracce di sangue trovati su pantaloni che l'ivoriano aveva in un borsone e il sangue delle vittime.
Il delitto è stato commesso certamente la notte scorsa perchè i due coniugi ieri sera era stati a cena dalla sorella di Vincenzo Solano. Sarebbero rientrati a casa e per il gran caldo si sarebbero messi a letto con pochi indumenti, la donna quasi nulla. E avrebbero lasciato le imposte aperte. La villa non ha sistema di sorveglianza nè cancelli invalicabili. È alla fine della strada principale del paese, dove non ci sono passanti nè frequentatori, se non i clienti di un vicino supermercato. Il buio ha favorito l'intrusione e la tragedia. Quello che è accaduto nella villa costruita dalla famiglia di operai tornati dalla Germania per godersi la pensione dal lavoro di operai resta un mistero. Le due figlie delle coppia vivono per conto loro: una a Palagonia, l'altra nel nord Italia. In casa c'erano soltanto Vincenzo e Mercedes e il loro assassino, che secondo i primi rilievi ha agito con grande violenza.
«Non si può morire per poche centinaia di euro - commenta un nipote di Vincenzo Solano davanti la villa esprimendo un sentimento diffuso a Palagonia - mio zio non aveva nemici, non aveva collaboratori in casa e non era un razzista, perchè rispettava la vita umana e le diversità, cosa che io non farò più se le ipotesi che girano saranno confermate». «Se è stato lui - aggiunge un vicino di casa - le cose cambiano, eccome se cambiano: non ne possiamo più di vedere tanti migranti in giro per il paese. Speriamo che non sia stato lui...».
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