ROMA. "L'appalto per il Cara di Mineo era costruito in modo da escludere la concorrenza ed erano richiesti presupposti così specifici che mancava che indicassero il nome del vincitore: era un classico bando su misura". Lo ha detto il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, in audizione alla commissione Migranti.
"Contro il nostro provvedimento - ha spiegato - ci fu un fuoco di sbarramento, il Cara si rifiutò di revocare l'atto" e "ci sono ancora problemi su come fu acquisita e utilizzata la struttura che ospita il centro: se ne occuperà la Procura. L'appalto del Cara di Mineo fu commissariato e lo è tuttora: un nuovo appalto non è stato fatto, continuano a operare i vecchi gestori con il commissario. E' indispensabile che si faccia al più presto l'appalto". Quanto alla "scelta se chiuderlo o no, è una scelta politica".
"Non si deve buttare via il bambino con l'acqua sporca - ha aggiunto il presidente Anac -, le cooperative sociali sono un vanto per il paese, ma c'è un rischio legato a soggetti che non hanno nulla a che vedere con le cooperative sociali e ci sono deroghe troppo significative, che sono giuste, ma non sono controllate".
E ancora: "Per esempio - ha spiegato Cantone - le cooperative possono procedere ad affidamento diretto dei servizi se hanno un certo numero di soggetti disagiati. Nessuno però è andato a verificare se questo numero sia effettivo e se quei soggetti siano stati davvero impiegati in quell'appalto: bastava dichiararlo". Per questo Cantone ha parlato di "assenza reale di meccanismi di controllo".
"A Castelnuovo di Porto - ha aggiunto - l'appalto era corretto, ma abbiamo mandato un controllo a sorpresa della Gdf ed è emerso che la rendicontazione dei migranti presenti era fatta su un autodichiarazione".
Persone:
Caricamento commenti