CATANIA. La richiesta di citazione come responsabile civile dell’azienda ospedaliera Vittorio Emanuele di Catania ha caratterizzato l’udienza preliminare davanti al Gup a tre dottoresse dell’ospedale Santo Bambino di Catania scaturita dall’inchiesta sulla nascita, il 2 luglio del 2015, di un bambino con gravissimi disturbi neurologici perché, secondo l'accusa, due di loro a fine turno avrebbero tardato a intervenire con un parto cesareo per non restare ancora al lavoro.
Nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro è stato già eseguito un incidente probatorio sui danni neurologici subiti dal piccolo. Nel procedimento entrano come parte civile i genitori del bambino, mentre il Gup si è riservato di decidere, alla prossima udienza, dell’11 settembre, l’ammissione come parte civile delle associazioni Codacons e Codici e sulla citazione come responsabile civile dell’azienda ospedaliera
Le dottoresse Amalia Daniela Palano e Gina Currao sono accusate di non avere eseguito subito un parto cesareo per "evitare di rimanere a lavorare oltre l’orario previsto, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato e somministrato alla gestante dell’atropina per simulare una inesistente regolarità nell’esame medico». Nelle indagini eseguite dalla sezione di Pg, aliquota polizia di Stato, della Procura entra anche la dottoressa Paola Cairone che, secondo l’accusa, «pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, pratica bandita dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante e non contattava in tempo il neonatologo che effettuava l’intervento di rianimazione con gravissimo ritardo». L’inchiesta è stata avviata dopo una denuncia della famiglia, che ha sempre sostenuto di «non volere pubblicità, ma soltanto verità», assistita dall’avvocato Gianluca Firrone.
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