PEDARA. La lite, l'ennesima, lo sparo. E poi il cadavere da far sparire in qualche modo, le tracce di sangue da cancellare, i vestiti da ripulire. "Tentativi maldestri", così li definiscono i carabinieri, che ricostruiscono le ultime ore di vita di Domenico Citelli, il dirigente regionale in pensione di 71 anni, assassinato con un colpo di fucile alla testa a Pedara dal figliastro di 15 anni e da un amico di un anno più grande. Ma i due ragazzi sono stati presto sospettati e interrogati dai carabinieri. Alla fine hanno confessato l’omicidio di Citelli.
I due ragazzi sono accusati di omicidio aggravato premeditato in concorso e occultamento di cadavere.
Da tempo Citelli e il figliastro avevano contrasti. Il 15enne è il figlio della moglie dell'uomo, che da molto tempo era andata via di casa.
Nella serata di lunedì scorso, uno dei due giovani ha esploso un colpo di fucile puntando alla testa del 71enne. Citelli è morto sul colpo. In seguito i due ragazzi hanno nascosto il cadavere gettandolo all’interno di un tombino nel giardino della villa del patrigno, dopo averlo avvolto in una coperta rimediata all’interno della casa. I due giovani hanno tentato di ripulire la scena del crimine, ma la scientifica ha trovato tracce di sangue.
I vicini di casa di Citelli si sono insospettiti, perché da giorni non vedevano il pensionato e ne hanno denunciato la scomparsa ai carabinieri. Sono così partite le indagini. I militari hanno trovato dentro la villa gli abiti usati da uno dei minori durante l’omicidio, ancora intrisi di sangue, e il fucile calibro 12 utilizzato per uccidere Citelli. L’arma era di proprietà del 71enne.
Solo dopo diverse ore i carabinieri hanno scoperto il cadavere all’interno del tombino. Ben presto gli inquirenti hanno raccolto gravi indizi nei confronti dei due giovani che sono stati rintracciati e condotti in caserma per essere interrogati. I ragazzi davanti alle prove schiaccianti hanno confessato l’omicidio.
La procura per i minorenni di Catania ha emesso il provvedimento di fermo. I due ragazzi sono stati portati al centro di prima accoglienza etneo, a disposizione della magistratura in attesa dell’udienza di convalida.
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