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Giarre, 49 anni su 74 passati dietro le sbarre: Antonino Marano torna di nuovo in carcere

Antonino Marano, soprannominato Nino “u minnau” (il mediano), 74 anni, di cui 49 dietro le sbarre, è finito nuovamente in carcere. Lo hanno arrestato i carabinieri della Compagnia di Giarre, a conclusione di un breve e disperato inseguimento nelle campagne tra Macchia e Santa Venerina. Secondo la ricostruzione, l’uomo che viaggiava a bordo di una Seat Toledo guidata da un 70enne di Giarre, è stato riconosciuto ad un posto di blocco dal comandante della compagnia di Giarre, capitano Luca Leccese, in persona. Alla vista dei militari dell’Arma i due hanno tentato la fuga, ma sono stati subito inseguiti e bloccati.

Marano sarebbe stato trovato in possesso di un borsello, all’interno del quale, i carabinieri avrebbero rinvenuto un coltello a serramanico di 20 cm e con lama da 10 cm e una pistola “Beretta”, calibro 7,65, con matricola abrasa, munita di serbatoio con 6 cartucce del medesimo calibro e un colpo in canna. Le armi sono state sequestrate e la pistola inviata al Ris di Messina per gli accertamenti tecnico balistici. Al termine degli adempimenti di rito, Marano è stato accompagnato nel carcere di piazza Lanza a Catania.

Incredibile la storia criminale di Marano, che è stata perfino raccontata nel libro di Emma D’Aquino “Ancora un giro di chiave - Nino Marano una vita fra le sbarre”.  Era il 31 gennaio del 1965 quando Nino Marano entrò in carcere per aver rubato melanzane e peperoni, la ruota di un'Ape e una bicicletta. L'aveva rubata, racconta, «per andare a lavorare come manovale, non l'avessi mai fatto. Ci sono rimasto per un'eternità. La cella, la coabitazione coatta mi hanno trasformato. Dietro quelle sbarre le mie mani si sono macchiate di sangue e io sono diventato un assassino».

Il presidente della Repubblica è Giuseppe Saragat, s'inaugura il traforo del Monte Bianco e i Beatles arrivano in Italia ma Nino sembra uscito da un romanzo di Verga: menzanu, mediano di cinque figli, madre casalinga, padre bracciante, una casa «che puzzava di fame». Non ha neanche un avvocato quando un giudice si occupa per la prima volta di lui: i furti vengono considerati «in continuazione», fanno cumulo, e lui si ritrova con una condanna a quasi undici anni.

Entra ed esce di prigione fino al 13 giugno del 1973, quando varcando la soglia del penitenziario di Catania ha inizio il suo peregrinare, da nord a sud, per le patrie galere: da Pianosa a Voghera, da Alghero a Porto Azzurro fino a Palermo, spesso nelle sezioni di Alta Sicurezza. Il 22 maggio 2014, dopo quarantanove anni, due omicidi, due tentati omicidi e due condanne all'ergastolo, Nino Marano, il detenuto più longevo d'Italia per reati commessi in carcere, ottenne la libertà condizionale riaffacciandosi al mondo, compiendo la sua «metamorfosi», da “killer delle carceri”(come lo definivano i giudici) a detenuto emendato. Evidentemente il lavoro effettuato su di lui dai volontari che han cercato di tirarlo fuori da quella vita incredibile, non è bastato.

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