La Procura di Catania ha aperto una inchiesta, al momento senza indagati, sull'ultima puntata della trasmissione Realiti, andata in onda su Rai 2. Titolare del fascicolo é il procuratore aggiunto Carmelo Petralia, che ha delegato le indagini alla Polizia Postale di Catania, che dovrà acquisire i video della trasmissione. Al centro dell’inchiesta le dichiarazioni di due cantanti neomelodici: Leonardo Zappalà , presente in studio, e Niko Pandetta, nipote del boss ergastolano Salvatore Cappello, sui giudici Falcone e Borsellino.
L’inchiesta riguarda, oltre che le dichiarazioni rese durante la trasmissione condotta da Enrico Lucci, anche eventuali rapporti con ambienti criminali locali. All’attenzione della Procura anche i contatti tra Niko Pandetta e suo zio, il boss ergastolano Salvatore Cappello.
Per le offese a Falcone e Borsellino da parte di un ospite del programma Realiti «mi scuso pubblicamente. Non voglio dire di più per ora, mi confronterò con i vertici della Rai», afferma il direttore di RaiDue, Carlo Freccero, in un’intervista al Messaggero.
«Io mi sono accorto della gravità subito, non dopo cinque giorni. E ho immediatamente provveduto con veemenza a porre il problema. Durante la pubblicità ho fatto presente la questione», racconta Freccero. «Il problema è subito apparso gravissimo, eravamo tutti costernati, e infatti ne abbiamo già discusso subito dopo la puntata».
Sulla questione interviene anche il conduttore Enrico Lucci, che in un’intervista alla Stampa spiega: «Ho invitato un neomelodico, un pischelletto che prima di entrare mi ha detto: 'Io non sono mafioso, ma dicendolo ho più follower'. Io questo devo far vedere, anche se va detto che non sono l’autore».
Al ragazzo «ho chiesto quali sono i suoi miti e poi gli ho consigliato di studiare, gli ho detto che non conosceva la storia», racconta Lucci. «Gli dico che la mafia è merda e cerco di trattarlo da padre, in fondo non avevo davanti Riina, ma un ragazzetto ignorante. Gli ho parlato dei grandi siciliani, di Pio la Torre, di Piersanti Mattarella e dei nostri fratelli Falcone e Borsellino, e qui è scattato l’applauso».
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