Il Tar Catania condanna impresa di Bronte a restituire allo Stato, per irregolarità contabili, un finanziamento a fondo perduto di mezzo milione di euro, ricevuto 20 anni fa. Gli 800 mila euro d’interessi legali, invece, che erano stati conteggiati dall’erogazione del contributo, i giudici li hanno annullati, riconoscendoli dovuti con decorrenza dalla notifica del decreto di revoca, avvenuta nel 2015.
Sul finire degli anni Novanta, un’impresa presentava una richiesta di finanziamento pubblico per un progetto da 800 mila euro e otteneva il 70 per cento dei fondi, che in più tranche le venivano quasi tutti accreditati. Prima dell’erogazione del saldo, però, un team di esperti del Ministero dello Sviluppo Economico eseguiva verifiche e accertava, fra l’altro, violazione delle norme antiriciclaggio, per pagamenti in contanti di 450mila euro, e carenza di documenti contabili e bancari, in relazione all’emissione di 270mila euro di assegni, non supportati dagli estratti di conto corrente dimostranti le negoziazioni.
Nel 2015, a conclusione di un procedimento durato 7 anni (ed avviato a distanza di 6 dalle ultime somme erogate), il Ministero ha emesso un decreto di revoca e recupero del mezzo milione di contributo e degli interessi legali, contro cui l’imprenditore ha presentato un ricorso al Tar etneo, che con una recente sentenza del 2020 è stato rigettato.
I giudici della Sezione Quarta, infatti, hanno ravvisato la fondatezza del decreto ministeriale di revoca nell’assenza dei documenti provanti la negoziazione dei 270 mila euro di assegni, ma non nei pagamenti in contanti dei 450 mila euro, in quanto la normativa allora vigente li consentiva. Sulle somme da restituire, il Tar ha stabilito che al mezzo milione di euro dei contributi vanno aggiunti gli interessi legali, calcolati non dalle erogazioni dei fondi ma dalla notifica del decreto di revoca del finanziamento del 2015.
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