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Sparatoria tra clan a Catania, il pentito Bertucci: "Mi sono finto morto per salvarmi"

Il quartiere Librino

Ferito ai genitali da un proiettile, si è trovato di fronte il sicario con la pistola in mano esortato dal boss che gli gridava: «Spara, spara, ammazzalo...». Con il fortissimo dolore al bassoventre si è stretto sul corpo senza vita di Luciano D’Alessandro diventato freddo e ha fatto finta di essere morto. Gli occhi li ha tenuti chiusi per oltre dieci minuti sino a quando non ha sentito le sirene della polizia. E’ uno dei particolari della sparatoria di Librino dell’8 agosto dell’anno scorso tra Cursoti milanesi di Melo Di Stefano e il clan Cappello di Massimiliano Cappello e Salvuccio Lombardo. Di ieri l’arresto di 14 persone nell’ambito dell’operazione «Centauri». A rivelarlo è Concetto Alessio Bertucci, affiliato al clan Cappello: dopo quel giorno di guerriglia urbana, maturata su una rampa di Viale Grimaldi a Librino, da sempre roccaforte dei 'milanesì, non è stato tutto come prima.

Bertucci, uomo fidato da Gaetano Nobile, dopo una serie di ripensamenti ha deciso di collaborare con la giustizia, facendo diventare un pilastro il suo racconto di quella sparatoria e dei fatti avvenuti nei giorni precedenti: come per esempio l’assalto a colpi di casco di Di Stefano a Gaetano Nobile in via Diaz, uno dei momenti di frizione tra i due clan. Bertucci era presente e così ha deciso di prendere parte all’imboscata che i Cappello hanno sferrato la sera dell’8 agosto ai 'milanesì.

In sella allo scooter con Luciano D’Alessandro, che poi resterà ferito a morte nello scontro a fuoco, Bertucci ha raccontato con particolari la carovana dei 14 scooter partiti da Catania alla volta di Librino. E gli attimi in cui lui è stato ferito al bassoventre e Luciano D’Alessandro invece colpito mortalmente. Racconta: «Io mi sono accasciato addosso al corpo di D’Alessandro, fingendomi morto. Ricordo che il soggetto che ha sparato si è avvicinato a noi e parlando qualcuno ha detto: 'Sono morti tutti due, ce ne possiamo andare'. Io avevo gli occhi chiusi ed ho sentito che il killer tornava a bordo della macchina e si allontanava uscendo dal Grimaldi 18. Sono rimasto abbracciato a Luciano e appena sono arrivati i soccorsi ho aperto gli occhi...».

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