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Caltagirone, ospedale in mano alle onoranze funebri: rivali sabotati per assicurarsi i funerali

L'ospedale di Caltagirone

"Sabotavano" i concorrenti presidiando anche di notte le camere mortuarie dell'ospedale di Caltagirone per assicurarsi i servizi di onoranze funebri dei pazienti deceduti. È l'accusa contestata a nove persone destinatarie di un'ordinanza di custodia cautelare eseguita dai carabinieri del comando provinciale di Catania.

Sono indagati, a vario titolo, di associazione per delinquere, illecita concorrenza con minaccia o violenza, violazioni di sepolcro, furti aggravati, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, minaccia, interruzione di un ufficio o servizio pubblico, nonché di minaccia a pubblico ufficiale ed istigazione alla corruzione.

Gli arrestati sono: Paolo Agnello di 57 anni, Massimiliano Indigeno di 47, Alfredo Renda di 68 e Davide Annaloro, di 46. Ai domiciliari è stato posto Alberto Agnello, di 56 anni. Per due persone sono scattati gli obblighi di dimora e di presentazione e per altre due obblighi di dimora 'semplici'.

Secondo la Procura di Caltagirone, che ha coordinato le indagini dei carabinieri dell'inchiesta "Requiem", gli indagati "si sono resi protagonisti di innumerevoli ingressi abusivi all'interno delle sale mortuarie". E avrebbero "danneggiato e distruggendo gli arredi funerari delle ditte concorrenti, distrutti i biglietti pubblicitari" e "strappato dalle salme, una volta a quella di un feto, i talloncini identificativi per rintracciare, prima degli altri concorrenti, i parenti dei defunti a cui proporsi per le onoranze funebri".

Non solo le onoranze funebri, ma anche il trasporto di degenti non deambulanti. Erano le attività per cui le persone arrestate nell'operazione Requiem, secondo la Procura, "depredavano le salme nelle camere mortuarie dell'ospedale e sabotavano" i concorrenti e, "con Onlus a loro riconducibili, monopolizzavano le attività di trasporto dei degenti non deambulanti con ambulanze private".

Per l'accusa c'è stata "una 'occupazione' dell'ospedale" con "minacce di morte ed aggressioni, anche fisiche" del personale sanitario che, per l'emergenza Covid, aveva tentato di allontanarli dal pronto soccorso". Raccapriccianti i dettagli dell’operazione: in un video si vedono alcuni componenti impegnati nella ricerca di gioielli sul defunto, nel furto dei dati anagrafici per evitare l’identificazione da parte dei concorrenti, persino di un Rosario dalle mani della salma, oltre che nella rimozione dei biglietti da visita dell’impresa funebre concorrente, dei manifesti delle altre ditte, e nel danneggiamento degli arredi.

Gli indagati violavano e depredavano, dunque, le salme all’interno delle camere mortuarie, anche sottraendo i talloncini identificativi, persino a un feto in un caso, sabotavano le attività delle altre ditte con continui danneggiamenti e, attraverso alcune onlus a loro riconducibili, riuscivano a monopolizzare le attività di trasporto dei degenti non deambulanti a mezzo di ambulanze private.

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