Lo hanno chiamato Germano il bimbo abbandonato ieri in via Rametta, a Catania, salvato dai carabinieri avvertiti da una passante, che ha sentito piangere il neonato dentro una cesta. È stato abbandonato con il cordone ombelicale ancora attaccato, avvolto in una coperta. Il piccolo sta bene, ha trascorso una notte tranquilla. «Lo stiamo coccolando, e continueremo a farlo fino a quando resterà nel nostro reparto per dargli cure, ma anche tanto affetto», dice Gabriella Tina, primario dell’Unità operativa complessa (Uoc) di Neonatologia dell’ospedale Garibaldi Nesima, nel quale è stato ricoverato. La chiamata al 112 ha fatto intervenire i carabinieri del nucleo Radiomobile che lo hanno accudito, avvolgendolo in una copertina pulita fornita dagli abitanti della zona, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza con il personale medico del 118, che lo ha portato in ospedale.
«Dalla visita obiettiva - spiega la dottoressa Tina - il piccolo non mostra alcun problema: ha un buon peso, si sta alimentando. E anche i primi esami ci dicono che tutto è andato bene. Ovviamente faremo accertamenti più approfonditi. Se non avesse dietro la sua storia personale saremmo portati a pensare che è il neonato di un parto come tanti altri». Secondo il primario, il bambino sarebbe venuto al mondo poco prima del ritrovamento. Al piccolo è stato dato un nome «provvisorio», adesso «si è attivato in parallelo il Tribunale per i minorenni», che in questi casi ha tempi rapidi. «Il tempo è importante - sottolinea il primario - perché l’affettività è importante come le cure e l'alimentazione». Confessa che «nell’attesa il reparto e il mondo di volontariato e assistenza che ruota attorno alla Neonatologia ce lo stiamo coccolando» e che, senza entrare nel merito, è «già iniziata la gara di solidarietà».
«È difficile - dice ancora il primario Gabriella Tina di fronte alla richiesta di un giudizio sul gesto della madre - giudicare, è meglio non farlo. Spesso è un atto d’amore verso il proprio figlio e gli altri non riescono a capirlo. Magari la madre ha visto e voluto per il figlio una vita migliore. Non spetta a noi dirlo». È vero - aggiunge la dottoressa - «che oggi è possibile partorire in sicurezza e in assoluto anonimato in ospedale, ma ci sono realtà in questo non conosciuto, oppure c'è paura, magari perché si teme non si venga a sapere lo stesso o per altro. E’ tutto molto complicato. Quindi meglio non giudicare, riservando tutte le attenzioni possibili al neonato».
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