Arrestato nel 1993, poi condannato in via definitiva e quindi assolto nel processo di revisione nel 2017. Ora lo Stato deve pagare agli eredi di Giuseppe Orofino, portato in carcere, a 49 anni, un milione e 404.925,25 euro di risarcimento per ingiusta detenzione con l’accusa di strage.
La decisione del maxi risarcimento è della corte d’Appello di Catania. Orofino dopo la lettura della sentenza scoppiò a piangere, urlando di disperazione, sbattendo la testa nel vetro della «gabbia» di imputato, proclamandosi innocente.
Le accuse di Scarantino al carrozziere
Ad accusare il carrozziere e altre 6 persone era stato il falso pentito Vincenzo Scarantino che si era autoaccusato di avere partecipato alla strage insieme a Salvatore Candura, anche lui calunniatore. Secondo l’accusa iniziale, supportata dalle indagini del gruppo di investigatori Falcone-Borsellino capitanato da Arnaldo La Barbera, Orofino avrebbe fornito una targa pulita per la 126 rubata - che avrebbe anche tenuto nella sua officina - utilizzata come autobomba in via Mariano D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992 per uccidere il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e gli agenti della Polizia di Stato Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Nel luglio scorso il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse contestate a Mario Bo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di avere depistato le indagini sulla strage e hanno assolto il terzo imputato, il poliziotto Michele Ribaudo. Erano imputati di calunnia aggravata dall’avere favorito la mafia. Secondo l’accusa erano stati loro a imbeccare i malavitosi di borgata rendendoli complici degli stragisti e accusatori di persone - alcune già condannate per mafia - poi dichiarate innocenti.
Il suo legale: paghino i pm
«È assurdo che lo Stato non si rivalga nei confronti dei magistrati che hanno, seppure involontariamente, causato questo grande danno al mio assistito. È stato accusato ingiustamente da Scarantino di avere partecipato alla strage di Via D'Amelio, quando il collaboratore Cancemi aveva detto più volte che non lo conosceva e che Scarantino non era un uomo d'onore».
A dirlo all'Adnkronos è l'avvocato Giuseppe Scozzola, commentando la decisione della Corte d'Appello di Catania di liquidare agli eredi del carrozziere Giuseppe Orofino, accusato ingiustamente della strage di via D'Amelio, la somme di oltre 1,4 milioni di euro.
«Si sapeva benissimo che la riunione a Villa Calascibetta (di cui aveva parlato il falso pentito Scarantino ndr) è stata smentita dai collaboratori Salvatore Cancemi, ma anche da Santino Di Matteo e da Gioacchino La Barbera - spiega l'avvocato Scozzola - Ricordo che il processo Borsellino ter cestinò completamente le dichiarazioni di Scarantino e si continuava a sostenere Scarantino per poi arrivare alla sentenza di appello del Borsellino bis che è una sentenza illeggibile. Non si capisce perché debba essere lo Stato a pagare e non i magistrati»
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