Due donne uccise con la stessa tecnica, un colpo di pistola al volto, a 90 minuti distanza circa l’una dall’altra e un ergastolano, in permesso premio, suicida alcune ore dopo davanti alla stazione dei carabinieri di Riposto. Sono i drammatici elementi di due femminicidi commessi a Riposto, in provincia di Catania, in luoghi e tempi diversi.
Il primo delitto è stato commesso sul lungomare, intorno alle 8.30 ed è stato ripreso dal sistema di videosorveglianza di un distributore di carburanti: un’auto si ferma dietro a una Suzuki Ignis, scende un uomo che apre lo sportello della vettura già posteggiata e spara un colpo e uccide Carmelina Marino, 48 anni, con un colpo di rivoltella calibro 38 al volto.
Quasi la stessa dinamica 90 minuti dopo: Santa Castorina, 50 anni, posteggia la sua Fiat Panda in via Roma, in auto ha il suo cagnolino, un barboncino, lasciato nella vettura. Appena scende è ferita mortalmente con un colpo di pistola al volto. Cade a terra sul marciapiede. Arriva personale del 118 che tenta di rianimarla, ma invano.
Scattano subito le indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del reparto operativo del comando provinciale di Catania: i due delitti, per dinamica, tempi e luoghi sembrano subito collegati, ma non si riesce a risalire al collegamento tra gli omicidi. Dalle immagini del primo si risale al potenziale assassino: Salvatore La Motta, 63 anni, ergastolano, fratello del boss Benedetto La Motta, noto come «Benito» o «Baffo», di 65 anni, arrestato da militari dell’Arma nel luglio del 2020 nell’ambito di un’inchiesta su un omicidio e indicato come il referente a Riposto della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano.
Salvatore La Motta è a Riposto per l’ultimo dei sette giorni di licenza premio e deve tornare in serata nel carcere di Augusta, dove è detenuto in regime di semi libertà. Parte una caccia all’uomo che si conclude a mezzogiorno: il presunto duplice omicida si presenta, armato, alla caserma dei carabinieri di Riposto, dice che si vuole consegnare e poi si suicida davanti a loro. I militari, «tenendolo sotto tiro», ricostruisce il comandante del reparto operativo dei carabinieri del Comando provinciale di Catania, il tenente colonello Claudio Papagno, hanno «cercato di convincerlo» a lasciare l’arma e «non fare alcun tipo di gesto insensato, ma, purtroppo - aggiunge l'ufficiale - è stato tutto vano perché l’uomo si è puntato la pistola alla testa e ha fatto fuoco».
Ma il giallo sui due femminicidi non si chiude con la morte del presunto assassino. Restano ancora non a fuoco il movente e alcuni aspetti della dinamica. La prima voce che gira in paese è che La Motta avesse una relazione con le due donne, ma nessuna conferma ufficiale arriva fino a sera. Resta da chiarire la posizione dell’uomo proprietario dell’auto sulla quale era La Motta quando ha commesso il primo omicidio e che potrebbe essere a conoscenza del movente. La sua posizione è al vaglio della Procura di Catania che vuole capire se è stato un testimone involontario o meno.
Da chiarire anche se c'erano rapporti di conoscenza tra le due vittime. Dettagli e particolari che potranno emergere dalla visione di tutti i sistemi di videosorveglianza delle due zone dove sono stati commessi i delitti e dal controllo dei tabulati di telefonini delle due donne e del presunto omicida-suicida.
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