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Travolse e uccise una catanese e un'amica al casello: «Ho provato a frenare», dice al gip

A poco più di un mese dal terribile incidente in cui hanno perso la vita, al casello autostradale di Ghisolfa della A4 Milano- Torino, l'infermiera catanese Laura Amato e la sua amica Claudia Turconi, parla per la prima volta davanti al gip Amine Mohamed El Mir che quella notte era alla guida della vettura che travolse l'auto delle due donne. Interrogato in un'aula del tribunale di Piacenza, il 39enne marocchino ha fatto una sua ricostruzione di quel tragico momento, sostenendo di aver provato a frenare l'auto prima di quel terribile scontro.

Un'affermazione che non troverebbe riscontro, però, dai rilievi effettuati dalla polizia stradale e dalle immagini di videosorveglianza piazzate sulla A4. Gli agenti, infatti, non avrebbero trovato sull'asfalto segni di frenata. Anche il video sembra confermare ciò: si vede infatti la Lancia Musa del marocchino piombare ad alta velocità sulla Lancia Y in cui c'erano la 54enne Laura Amato e la 59enne Claudia Turconi in procinto di ritirare il tagliando al casello.

L'incidente mortale avvenne intorno alle 2.30, nella notte fra il 17 e 18 febbraio scorso. Le analisi effettuate su Amine Mohamed El Mir rivelarono la presenza di cannabinoidi nel sangue e di un tranquillante a base di benzodiazepine. L'uomo il giorno prima dell'incidente aveva avuto una forte crisi di nervi all'aeroporto Malpensa di Milano, mentre era in procinto per partire per il Marocco. Il personale dello scalo milanese, però, vedendolo in uno stato di poca lucidità chiamò un'ambulanza che lo portò all'ospedale di Gallarate. Poi il ritorno ai parcheggi di Malpensa col passaggio di un cugino e la successiva corsa con l'arrivo al casello Ghisolfa a 150 chilometri orari.

Per l'uomo, accusato di omicidio colposo plurimo, è stata disposta la perizia psichiatrica, per valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. L'incarico sarà conferito all'udienza di giovedì 23 che si terrà davanti al gip di Milano. Il giudice ha applicato per lui una misura di sicurezza per pericolosità sociale, con obbligo di ricovero nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Piacenza e libertà vigilata per un anno.

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