Era stata condannata alla fine di un processo a Catania la donna di 43 anni che è morta nel carcere delle Vallette, a Torino, lo scorso venerdì (11 agosto), dopo avere smesso di bere e mangiare. Una morte inattesa per una aritmia maligna dovuta a uno squilibrio elettrolico dettato dalla carenza di acqua: è questa l’ipotesi che si è fatta strada negli ambienti medici del carcere.
Sarà comunque l’autopsia sul corpo della donna, Susan John, a fare chiarezza. L’incarico sarà affidato domani, lunedì 14 agosto. Dopo la morte la donna (alta un metro e sessantasette centimetri) pesava 80 kg.
Susan John era rinchiusa in una cella di una zona della sezione femminile (che non dispone di un vero e proprio reparto di osservazione psichiatrica) riservata a detenute con fragilità mentali o comportamentali. È presente un sistema di videosorveglianza h24 di cui si occupa la polizia penitenziaria. Con ogni probabilità la donna aveva cessato di assumere cibo e acqua già a ridosso del 22 luglio, quando era stata portata in carcere dopo un periodo agli arresti domiciliari (doveva scontare una condanna, con fine pena fissato al 2030, per tratta e immigrazione clandestina inflitta appunto da una corte di Catania). Non aveva però riferito a nessuno di questa sua iniziativa. Alle agenti - che si accorsero dopo qualche giorno che non si alimentava e informarono il personale sanitario - ripeteva soltanto di voler rivedere il figlio e di tornare in Nigeria.
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