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Impiccata a 25 anni a Ramacca, gli indizi che accusano il fidanzato e un amico

Due trentenni fermati per la morte di Vera Schiopu. I pm: “Hanno simulato un suicidio”. Ma loro respingono le accuse

Avrebbero simulato un suicidio per nascondere invece un femminicidio. E’ l’accusa contestata a due romeni, un 31enne e un 33enne, fermati dai carabinieri per concorso in omicidio per la morte della 25enne moldava, Vera Schiopu, che è stata trovata morta impiccata in una casa di campagna di contrada Sferro, a Ramacca, nel Catanese.
Il corpo, scoperto nella serata di sabato, era in un casolare semi diroccato e isolato accanto a quello in cui la donna viveva. Secondo le indagini dei carabinieri non sarebbe stato un suicidio, ma appunto una simulazione messa in atto dal fidanzato, un manovale romeno, e da un suo amico e connazionale. I due sono stati fermati dalla Procura di Caltagirone. Le indagini dei militari dell’Arma della compagnia di Palagonia sono state avviate dopo che il fidanzato della 25enne ha chiamato il 112 per segnalare che la donna si era tolta la vita.

I due uomini fermati sono accusati di concorso in omicidio, ma poco trapela sull’inchiesta per il massimo riserbo imposto dalla Procura di Caltagirone sul caso. Non è ancora chiaro il ruolo contestato a ciascuno degli indagati e quale siano i particolari che abbiano indotto i carabinieri a ritenere il suicidio della donna una messa in scena per coprire un delitto.
Dai pochi particolari che trapelano sembra che a fare nascere dei dubbi agli investigatori siano stati più elementi: la dinamica del suicidio innanzitutto, con i rilievi scientifici compiuti dai carabinieri e il ritrovamento di indizi che hanno fatto scattare ‘l’allarmè tra gli investigatori. Ci sono inoltre alcuni elementi emersi dalle testimonianze dei due indagati che non tornano. Qualcosa di fortemente dissonante, pare la presenza di escoriazioni sul corpo della 25enne incompatibili con il suicidio, che ha fatto scattare i fermi poche ore dopo la scoperta del corpo della donna.

Sarà l’autopsia disposta dalla Procura di Caltagirone a fare chiarezza sulle cause del decesso. Intanto sono state le indagini dei carabinieri della compagnia di Palagonia e del nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Catania a a fare emergere delle incongruenze nella ricostruzione dei fatti e sulla dinamica di quello che era stato denunciato come un suicidio, ma che, secondo l’accusa, sarebbe stato invece un femminicidio. Anche se resta il giallo del movente. Per questo i carabinieri stanno cercando di ricostruire le personalità e le frequentazioni della donna e dei due uomini fermati e scandagliando anche il mondo dei social per trovare eventuali elementi utili alle indagini. I due indagati fermati avrebbero respinto ogni accusa, proclamandosi innocenti.
Della vittima si sa poco: non è stato ancora chiarita il motivo della sua presenza nelle campagne di Ramacca, una zona a forte vocazione agrumicola, se fosse legata a motivi di lavoro o ad altro. Scarse le testimonianze esterne perché la zona è isolata e non sono emersi rapporti personali con altre persone nell’area. Non risultano precedenti denunce o segnalazioni di liti tra la donna e il suo fidanzato. Particolari che rendono al momento la presunta simulazione del suicidio un caso dalle forti connotazioni da giallo, almeno per il movente.

La vicenda di Vera Schiopu rievoca da vicino quello di Valentina Salamone, la 19enne trovata morta con una corda intorno al collo il 24 luglio del 2010 in un casolare ad Adrano e per il cui omicidio è stato definitivamente condannato all’ergastolo Nicola Mancuso, 36 anni, sposato, che aveva una relazione con la vittima.

L’uomo si è sempre proclamato innocente. Tra le analogie tra i due casi anche la presenza di un complice nel delitto, che nell’omicidio Salamone non è stato mai identificato.

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