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Alle giovani migranti chieste anche prestazioni sessuali per partire: scoperta banda di trafficanti a Catania

L'ordinanza di custodia cautelare colpisce 25 stranieri di cittadinanza guineana e ivoriana: 5 arrestati oggi, sette irreperibili, gli altri già detenuti

Scoperta una banda internazionale che organizzava viaggi di migranti. La polizia di Catania, su delega della Procura, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di diversi cittadini stranieri (di cittadinanza guineana e ivoriana), alcuni dei quali già detenuti, responsabili di tratta di esseri umani. L’ordinanza di custodia cautelare riguarda complessivamente 25 indagati: 13 erano già in carcere, cinque sono stati arrestati oggi e sette, che sono all’estero, sono ancora irreperibili. Il provvedimento, disposto dal gip presso il Tribunale di Catania, è stato eseguito dalla squadra mobile con la collaborazione degli agenti di Genova, dove due degli indagati, già sottoposti rispettivamente all’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, sono stati tratti in arresto. L'operazione è convenzionalmente denominata «Landayà bis». Il provvedimento di oggi fa seguito a un fermo eseguito nell’aprile scorso nei confronti dei 25 indagati, che, in sede di convalida, è stato oggetto di conflitto di competenza, risolto dalla Cassazione in favore del gip di Catania.

I destinatari dei provvedimenti sono risultati gravemente indiziati delle ipotesi delittuose di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dall’aver agito in più di dieci persone e dei reati-fine di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravati dall’avere agito in più di tre persone in concorso tra loro, di avere commesso il fatto al fine di trarne profitto anche indiretto e dalla transnazionalità. Le indagini erano sfociate nell’emissione del decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura etnea ed eseguito il 19 aprile in diverse parti d’Italia.

Dalle indagini è emerso che alle giovane migranti venivano imposte, oltre al pagamento in denaro, anche prestazioni sessuali, anche quando erano in compagnia di figli minorenni La Procura di Catania  sottolinea come emerga «ancora una volta l’estrema vulnerabilità delle migranti di sesso femminile il cui inserimento nel flusso migratorio e la dipendenza da trafficanti privi di scrupoli determina una seria esposizione a rischi di sfruttamento». Le indagini hanno permesso di registrare numerose conversazioni, nelle quali si discuteva della bellezza e delle fattezze fisiche delle migranti di sesso femminile gestite dal sodalizio. In alcune occasioni sono emerse movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati ad un componente del sodalizio, nonché la strumentalizzazione della condizione di incertezza del migrante, il quale, desideroso di portare a termine il proprio progetto migratorio, veniva in qualche modo anche confuso e catturato da una falsa attenzione ai suoi bisogni, funzionale solo ad assicurarsi definitivamente l’affare ed evitare che il migrante si rivolgesse ad altri gruppi criminali. In tal senso erano varie le strategie psicologiche sperimentate e finalizzate alla massimizzazione dei guadagni derivante dal numero sempre maggiore di migranti che si rivolgevano al sodalizio.

I fermati avrebbero affinato le tecniche di interazione con la clientela sintetizzabili, tra l’altro, nelle parole utilizzate da uno di essi in un dialogo monitorato: «Questa è una cosa che ti ho detto mille volte!!! Quando parli con un cliente devi per prima cosa farlo partire, guidandolo da dove si trova, sino a farlo giungere a Milano oppure a Ventimiglia... Poi dopo gli puoi chiedere in quale città vuole andare ed infine gli dici il prezzo!!! Così hai la certezza di poter trovare un accordo!!! Già non arrivano tante persone e quelle poche che arrivano con il tuo modo di lavorare li fai allontanare!!!».

Il sodalizio poteva contare su tre cellule: una nel Piemonte, una in Liguria e un’altra nella stessa regione, che agiva a Ventimiglia. Il giro d’affari era notevole: sebbene la maggior parte dei movimenti dei flussi di denaro avvenisse in contanti, l’analisi delle postepay in uso ad alcuni degli indagati consentiva di attestare che uno dei sodali aveva effettuato l’acquisto online di titoli di viaggio in un limitato arco temporale per un ammontare di circa 26.000 euro. Le carte avevano saldo zero, perché utilizzate come contenitore e subito svuotate con transazioni complessivamente ammontanti a 800.000 euro. Cifre parziali perché i flussi di denaro di rilievo avvengono utilizzando soggetti apparentemente non legati agli autori del reato.

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