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Catania, il fallimento della Qe call center: confiscati beni per 700 mila euro

Beni per circa 700 mila euro sono stati confiscati dalla guardia di finanza all’imprenditore Patrizio Argenterio, 68 anni, condannato per bancarotta fraudolenta e preferenziale, false comunicazioni sociali e omesso versamento dell’Iva a nell’ambito di un procedimento avviato dalla Procura di Catania. Il provvedimento è stato eseguito da finanziari del comando provinciale del capoluogo etneo e di quello di Brescia.

Al centro delle indagini, del nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Catania, il fallimento, nel 2017, della società «Qe», operante nel settore dei servizi di call e contact center. Secondo l’accusa Argenterio, «in qualità amministratore della società, avrebbe aggravato il dissesto della società per effetto di operazioni dolose e pagamenti preferenziali, omettendo il versamento dei tributi per oltre 1,1 milioni di euro nonché distraendo liquidità e asset aziendali a favore di altre persone giuridiche, anche correlate a suoi familiari, per circa 400 mila euro». Secondo la Procura, inoltre. l’imprenditore, prima del fallimento, «avrebbe fatto ricorso a diversi artifizi contabili in bilancio allo scopo di occultare il reale stato di salute dell’impresa, esponendo poste attive in realtà inesistenti e omettendo di indicare i debiti Iva, il tutto per importi rilevanti nell’ordine di diversi milioni di euro».

Il Tribunale di Catania ha condannato Argenterio a tre anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, disponendo la confisca di una villa di 12 vani e la relativa dependance composta da quattro vani in provincia di Brescia, opere d’arte e denaro contante per un valore complessivo di circa 700 mila euro.

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