Carmelo Palo, 43 anni, Il vice sindaco di Itala (Messina) è stato arrestato dalla squadra mobile della Questura di Catania nell’ambito di un’inchiesta sul suo ruolo di assistente capo della polizia penitenziaria del carcere di Giarre.
Nei suoi confronti la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere che gli è stata notificata mentre era ad Assisi per la festa di San Francesco.
Il sindaco di Itala, Daniele Laudini, ha deciso di revocare la nomina di Carmelo Palo per di garantire la serenità e l’operatività dell’amministrazione comunale.
Secondo quanto si apprende a Palo sarebbero contestati degli episodi di corruzione, aggravati dall’avere agevolato la mafia, in favore in un detenuto, Antonio Di Grazia, 43 anni, anche lui destinatario dell’ordinanza cautelare in carcere, figlio di Orazio, indicato come il responsabile della «famiglia Laudani» nel rione Picanello di Catania. Il gip si è riservato di decidere sugli arresti domiciliari richiesti per un terzo indagato dopo l’interrogatorio preventivo previsto dalla nuova normativa.
Secondo quanto si apprende, la squadra mobile di Catania nell’eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Palo e Di Grazia, avrebbe anche eseguito, in applicazione di un decreto del gip, il sequestro di un esercizio commerciale.
Secondo l’accusa, Palo avrebbe fornito al di Grazia «informazioni riservate, ritardato l’inserimento nelle banche dati di un rapporto disciplinare a suo carico per evitare conseguenze sull’imminente rilascio di un permesso e avrebbe omesso di segnalare il possesso da parte del detenuto di un telefono cellulare».
Palo avrebbe anche «avvisato Di Grazia su imminenti perquisizione delle celle e gli avrebbe consentito di utilizzare illegalmente il telefono dell’ufficio matricola». In cambio di questi favori, contesta la Dda della Procura di Catania, l’ispettore capo della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Giarre avrebbe ricevuto la promessa di «giocare schedine su eventi calcistici per suo conto, anticipando le somme da puntare, e di consegnargli somme di denaro contante da custodire in casa con la possibilità di utilizzarle per le proprie necessità». Promesse che, sostiene l’accusa, «il pubblico ufficiale accettava».
La Dda contesta «l’aggravante di avere commesso il fatto con il metodo in modalità mafiose avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dalla presenza sul territorio dell’associazione mafiosa» essendo «Antonino Di Grazia, figlio di Orazio esponente clan Laudani, responsabile del gruppo di Oicanello, ed evocando il potere economico e criminale della propria famiglia come fondamento del patto produttivo con Palo».
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