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La Sicilia e l’affresco risorgimentale ma non è un remake del film, il regista: «La serie guarda al libro»

Da Palermo a San Vito lo Capo, da Siracusa a Catania: tante location e migliaia di comparse per la serie su Netflix da sei episodi

Le scene in fase di ripresa sono quelle del Liberation Ball e dell’arrivo delle carrozze a Palazzo Biscari a Catania. La domanda a Tom Shankland, regista della serie Netflix Il gattopardo, kolossal prodotto da Indiana Production e Moonage Pictures e composto da sei episodi in lavorazione, arriva a tarda sera, senza mezzi termini, dopo una delle tante giornate di ciak, stop, inquadrature a campo largo, stretto, sul set aperto dal 20 maggio tra Palermo, San Vito lo Capo, Siracusa e ora Catania. Non teme il confronto con il film di Luchino Visconti, vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, universalmente considerato come uno dei capolavori del cinema italiano? E la risposta è la più serena è imprevedibile. «No. Il film è un capolavoro per tutti quelli che fanno cinema e lo amano anche solo da spettatori. Ma questa serie non vuole essere un remake del film di Visconti o un’imitazione, sarebbe ridicolo», spiega il regista, che ha firmato serie come The Serpent o i Miserabili «Approfondisce il libro di Tomasi di Lampedusa. Mi sono basato sul romanzo scritto, lo ricordiamo, 65 anni fa, che ho letto, studiato, amato decine di volte fin da ragazzino».

Prosegue Shankland: «Mio padre insegnava letteratura italiana all’università in Inghilterra e aveva una predilezione per gli autori siciliani, da Sciascia a Tomasi di Lampedusa: per questo il libro faceva parte della biblioteca casalinga e papà invogliava tutti a leggerlo e rileggerlo perché, sosteneva, in ogni capitolo c’era una storia da scoprire. La scena che abbiamo girato oggi, tra il ballo e le carrozze, non fa parte del libro, ma è ispirata a un incontro fra Tancredi e il Principe di Salina. Poi è un bel momento di aggregazione familiare, una festa in cui all’inizio c’è un momento di imbarazzo, poi si scioglie un un meraviglioso ballo. Detto questo, sono molto contento anche della scelta dei protagonisti di questa serie perché sono tutti italiani. Ritengo Kim Rossi Stuart, che interpreta il principe di Salina, un grandissimo attore di portata internazionale, intuisce per primo cosa voglio e devo fare, quando ho visto il suo film Bardo con Saul Nanni mi ha colpito molto: è eccezionale, ha un animo, oltre che un aspetto, principesco. Benedetta Porcaroli nel ruolo di Concetta è ugualmente perfetta, sarà centrale. Come Deva Cassel che è Angelica».

«Abbiamo usato dei coach per l’accento, il dialetto, ci siamo informati e la principessa Vittoria Alliata ci ha spiegato come parlavano i nobili al tempo. Dal momento che Angelica viene da un rango inferiore, in famiglia parla un dialetto più stretto», sottolinea ancora il regista. «Ci basiamo anche sull’ultimo capitolo del romanzo in cui Tomasi di Lampedusa si interroga molto sulla sua simpatia per Tancredi e approfondiamo questo aspetto. Quanto alle location scelte qui, per me si tratta di un privilegio: da bambino ho vissuto per un breve periodo in Sicilia, poi ho sposato una siciliana e ritornare qui per la prima volta con i miei figli è stato emozionante. Siamo stati accolti da tutti i siciliani con grandissimo affetto e pazienza. Mai avrei pensato di poter girare a Palermo la scena dell’arrivo dei garibaldini: con i fucili e i sacchi di sabbia abbiamo allestito un campo di battaglia, non si sentiva volare una mosca. Anche girare a San Vito Lo Capo è stato molto suggestivo, con tre piroscafi d’epoca, settecento comparse selezionate, carrozze antiche e cavalli. Abbiamo grandissimi costumisti, straordinarie acconciature e scenografie uniche: credo che si farà un buon lavoro, siamo metà dell’opera».

In sintesi, conclude il regista, «vogliamo gettare uno sguardo moderno su questa storia del passato. Il Gattopardo oggi è ancora tra i libri più letti, i temi sono universali. La voce di Tomasi di Lampedusa, d’altronde, è moderna. Se pensiamo a quello che è successo con la Brexit, alla crisi economica, al Covid, poi alla guerra, all’intelligenza, artificiale, al clima, è sempre un mondo che va avanti e torna indietro».

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