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Missione catanese in Iraq sulle tracce di Hammurabi: torna alla luce una città nei pressi di Baghdad

I nuovi scavi nel sito mesopotamico hanno fatto emergere il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque, negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione

Torna pian piano alla luce l’antica città di Tell Muhammad, fondata all’inizio dell’epoca Paelobabilonese (età di Hammurabi) nei pressi dell’odierna Baghdad, e abbandonata circa 250 anni dopo in corrispondenza della cosiddetta Caduta di Babilonia (1595 a.C.) da parte del sovrano Ittita Mursili I. Si è conclusa nei giorni scorsi, dopo due mesi di intense attività di ricerca, la seconda campagna di scavi della missione archeologica in Iraq dell’Università di Catania (Baghdad Urban Archaeological Project) diretta dal professore Nicola Laneri, docente in forze al dipartimento di Scienze umanistiche dell’ateneo siciliano, dove insegna Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente.

I nuovi scavi nel sito mesopotamico hanno fatto emergere il complesso sistema di fortificazioni e di gestione delle acque che segnava il versante nord-orientale della città. Qui è stato scavato per circa 40 metri il muro di cinta che delimitava un canale o, forse, un porto rivolto verso il fiume Tigri. La porta si apriva verso un sistema di ingresso con una scala che conduceva ad un’ampia terrazza soprelevata con annesso torrione e un canale che faceva parte dell’intricato sistema di fognatura della città. Questo era caratterizzato da un complesso di contrafforti interni e di tubazioni in terracotta che favorivano e velocizzavano il deflusso delle acque reflue. Alla sommità della scala si trovava un torrione e, all’interno dello spiazzale esterno, era posizionata una cisterna per la raccolta dell’acqua che in una fase successiva venne trasformata in fossa di scarico. La seconda campagna ha quindi confermato i preziosi indizi emersi lo scorso anno, quando la missione nuovamente realizzata in collaborazione con lo State Board of Antiquities and Heritage (Sbah) dell’Iraq e supportata dal Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, aveva consentito di ritrovare la porta monumentale nella cinta muraria di Hammurabi, magnifici vasi e due edifici risalenti al II millennio avanti Cristo.

Negli spazi interni alla cinta muraria sono anche stati scoperti edifici legati alla lavorazione dei cereali e alla panificazione, oltre che alcuni forni probabilmente impiegati per liquefare il bitume, fondamentale per l’impermeabilizzazione dei vasi e dei luoghi legati alla gestione dell’acqua. Straordinaria la scoperta di uno spazio sacro con altare e tombe dedicato al culto degli antenati (in Babilonese, kispum) attestato nei contemporanei testi in cuneiforme e di un bagno con foro e latrina sottostante. Insieme alle forme ceramiche tipiche dell’epoca Paleobabilonese, sono stati poi ritrovati tre preziosi sigilli cilindrici con funzione amministrativa che presentano iconografie e iscrizioni tipiche di questa epoca, e delle placchette votive in terracotta con iconografie femminili, modellini di letti legati al matrimonio sacro e figurine di musici, tutti elementi tipici della tradizione babilonese della prima metà del II millennio avanti Cristo.

«A conclusione delle ricerche - racconta il professor Laneri -, il ministro della Cultura dell’Iraq, Ahmed Fakak, il direttore dello Sbah, Laith Hussein, l’ambasciatore italiano in Iraq Maurizio Greganti e l’ambasciatrice australiana, Paula Ganly, hanno visitato il sito, apprezzando la straordinarietà delle scoperte di una delle poche città mesopotamiche che testimoniano le incredibili capacità ingegneristiche degli antichi babilonesi nell’epoca dei sovrani della I dinastia di Babilonia e, in particolare, di Hammurabi». A

lla campagna di scavi hanno preso parte studenti dei corsi di triennale e magistrale e allievi della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Catania (Rachele Mammana, Aurora Borgesi, Lucrezia Bellofiore, Antonio Maggiore), dell’Università di Roma La Sapienza (Alice Mendola), dell’Università di Cambridge (Sergio Russo e Megan Hinks) e archeologi dello State Board of Antiquities e Heritage (Muhammad Muwaffaq, Falah Ayoub, Elham Shaker Jawad).

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