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Catania, vertenza call center: "Maggiori tutele per noi"

Se dovesse naufragare l’intesa fra Wind e Almaviva, che assicura il rispetto del contratto, le società con sede all’estero darebbero vita ad una concorrenza al ribasso

CATANIA. I primi focolai di protesta scattati ieri a Catania, Palermo e Milano da parte dei dipendenti Almaviva per Wind potrebbero fare esplodere ben presto una vertenza nazionale dei call center, comparto che in tutto il Paese conta circa 80 mila addetti. Il 2015, infatti, si prospetta come un anno cruciale per tutti i lavoratori di questo settore: molte grosse commesse da clienti come Vodafone, Telecom, Sky ed Enel sono in scadenza e l’eventuale uscita di scena di Almaviva – società che ha sempre garantito il rispetto del contratto nazionale di lavoro ai suoi dipendenti – potrebbe avere un effetto domino su tutte le altre commesse in fase di riassegnazione tramite appalto pubblico.  Sotto accusa è infatti il ribasso d’asta per l’aggiudicazione delle varie commesse che, se di fatto non lima i margini di guadagno delle aziende concorrenti, di fatto finisce per ripercuotersi sul contratto dei lavoratori, sinora rispettato da Almaviva.

«Questo di Wind rischia di essere il vaso di Pandora - spiega preoccupato Francesco Assisi, segretario generale Fistel Cisl a Palermo (dove Almaviva ha oltre 1000 addetti a rischio per la commessa Wind) – se si comincia così, tutti i prossimi vincitori di gare d’appalto nel comparto dei call center, spesso società con sede in Europa dell’Est, modificheranno al ribasso i contratti di lavoro. Cade un sistema e la ricaduta sociale ed economica per il Paese sarà terribile con decine di migliaia di lavoratori che, se non vedranno rinnovarsi l’ingaggio, dovranno comunque fare i conti con minor compensi e minori tutele (previdenza, scatti e via discorrendo)».

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