«Le organizzazioni mafiose del distretto si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo sociale del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza. In quest’ottica l’attenzione investigativa si è focalizzata nel monitoraggio del rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge l’economia delle province del distretto) vengano, nel medio periodo, fagocitate dalle consorterie malavitose, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti": lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi nel corso della relazione dell’anno giudiziario nel distretto di Catania.
«Dalle analisi delle evoluzioni del fenomeno criminale nel periodo in riferimento, vanno confermate - viene spiegato nella relazione - le caratteristiche strutturali e operative delle associazioni di tipo mafioso radicate sul territorio e la loro composizione organica, quali già delineate nelle precedenti relazioni e di seguito richiamate. E va pure osservato che tali organizzazioni, pur mantenendo una notevole potenzialità offensiva, continuano a perseguire una politica di basso profilo e di occultamento volta a limitare gli episodi di fibrillazione e aperta conflittualità, e conseguentemente gli effetti dell’opera di contrasto realizzata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania e dalle forze di polizia.
Le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia hanno così riguardato in primo luogo la città di Catania, dove risultano pienamente operative le famiglie mafiose, già delineate nelle precedenti relazioni, Santapaola-Ercolano ed il clan Mazzei (intesi «carcagnusi»). Il clan Santapaola-Ercolano continua ad articolarsi in squadre operanti in taluni quartieri catanesi tra cui Librino, San Cosimo, Villaggo Sant'Agata, Picanello, S. Giovanni Galermo), con ulteriori articolazioni territoriali operanti nella provincia etnea, specie in paesi come Paternò (gruppi «Assinnata» e «Alleruzzo»), Adrano (clan «Santangelo-Taccuni» e gruppo «Lo Cicero», legato al clan Mazzei), Biancavilla (clan «Tomasello-Toscano-Mazzaglia»), Bronte (Maniace, zona ionica). «Sotto un profilo generale deve rilevarsi che, seppur decimati da recenti e reiterati provvedimenti restrittivi, i clan mantengono nel medio periodo una composizione numerica pressoché inalterata in seguito al continuo ingresso di nuova manovalanza criminale, proveniente dalle sacche di emarginazione e sottosviluppo radicate nelle periferie degradate dei centri del territorio, mai rimosse ed anzi in via di aggravamento per la perdurante crisi economica e le conseguenti difficoltà occupazionali».
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