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La Cassazione: manca la prova del patto tra Lombardo e la mafia

Depositate le motivazioni sulla sentenza di assoluzione. L'ex governatore: prevalse verità e giustizia

Il presidente della regione Sicilia,Raffaele Lombardo nella sala degli specchi di palazzo D'Orleans, Palermo, 18 maggio 2012. ANSA / MIKE PALAZZOTTO

«La condotta di concorso esterno nell’associazione mafiosa, ritagliata su attività politico-amministrative del concorrente esterno, richiede la prova che sulla base di un patto di scambio il politico abbia assicurato all’organizzazione il controllo di tutto o parte delle attività politiche-amministrative una volta eletto».

Lo scrive la sesta sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni con cui ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale di Catania contro la sentenza con cui la Corte d’appello, il 7 gennaio del 2022, ha assolto l’ex governatore della Sicilia e leader del Mpa, Raffaele Lombardo, dalle accuse di concorso esterno mafioso e di reato elettorale aggravato dall’avere favorito la mafia.

La procura generale della Cassazione aveva sollecitato un annullamento con rinvio e un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado. La sentenza della Cassazione è stata emessa il 7 marzo scorso e le motivazioni sono state depositate oggi. Al centro del processo c’erano i presunti contatti di Raffaele Lombardo con esponenti dei clan etnei che l’ex governatore ha sempre negato.

«La sentenza rescindente - scrivono il presidente Anna Petruzzellis e il consigliere relatore Emilia Anna Giordano - è netta nell’affermare la necessità della prova della conclusione di un patto di tal genere, prova che non può essere ravvisata nella sola esistenza di rapporti tra lo stesso ed esponenti anche di vertice dell’organizzazione criminale aventi a oggetto fatti privi di illiceità».
Secondo i giudici sella Suprema Corte, inoltre, «il dato dell’infiltrazione mafiosa di Cosa Nostra catanese nelle attività economiche sul territorio che si intrecciano con il controllo e governo delle attività che fanno capo alle pubbliche amministrazioni, costituisce un prerequisito di conoscenza e non può essere elevato esso stesso a “prova”».
«L’analisi della Corte di appello - scrive la Cassazione - è stata svolta sulla scorta di un puntuale e completo esame di tutte le risultanze processuali sicché alcuna carenza o omissione dell’esame dei dati processualmente rilevanti inficia la scansione del ragionamento probatorio».

«Oggi la Cassazione ha scritto la parola fine ad una vicenda giudiziaria che ha cambiato la mia vita e la storia della Sicilia. Con rigore esegetico la sentenza affronta gli snodi essenziali del processo escludendo in radice l’esistenza del patto. Hanno prevalso, come non ho mai smesso di credere, la verità e la giustizia». Lo ha dichiarato l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo alla luce delle motivazioni della sesta sezione penale della Corte di Cassazione.

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