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Lo scontro sui migranti, il giudice di Catania: «La questione giuridica non diventi personale»

Criticata per i suoi post sui social. I colleghi la difendono: «Indegno scavare nella vita privata»

Il giudice Iolanda Apostolico

«Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».

È con queste parole Iolanda Apostolico, giudice del tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento di tre tunisini sconfessando il decreto del governo, cerca di mettere fine alle polemiche che la stanno investendo, anche dopo le dichiarazioni della premier Meloni che si detta «basita dalla decisione.
Questione giuridica, dunque riconducibile alla sua attività professionale, mentre le critiche sono indirizzate anche ai suoi presunti post considerati non propri allineati con le decisioni del governo e pro Ong. A difenderla i colleghi: dall’ex segretario di Area Eugenio Albamonte che reputa «indegno scavare nella vita privata dei giudici»,  alla collega che lavora nel suo stesso ufficio, Marisa Acagnino, che sottolinea come i magistrati «applicano solo la legge».

Da vent’anni a Catania Apostolico inizia la carriera nel Tribunale di Prevenzione ed in quello del Riesame, approda al civile ed entra nel «Gruppo specializzato per i diritti della persona e della immigrazione» della prima sezione civile del tribunale di Catania, presieduta da Massimo Maria Escher, insieme alle colleghe Marisa Acagnino e Stefania Muratore. Chi la conosce definisce la giudice 59enne, originaria di Cassino ma catanese d’adozione, «schiva ed equilibrata», mai schierata, nessun incidente di percorso, equidistante dalle correnti della magistratura a cui non è iscritta. Sposata con un funzionario del tribunale di Catania, Massimo Mingrino, anche lui al centro di polemiche per alcuni post sui social.
Apostolico recentemente avrebbe chiuso il suo profilo Facebook.
Ma lì sul suo profilo privato, secondo quanto riporta il Giornale, sarebbero apparsi post anti Salvini e commenti schierati con le Ong e associazioni che si dedicano al salvataggio e all’accoglienza dei migranti: avrebbe condiviso nel luglio 2018, ma senza commentare, una petizione che chiedeva una «mozione di sfiducia» nei confronti di Matteo Salvini, nominato da poco ministro dell’Interno.
Nel giugno dello stesso anno poi sulla sua bacheca anche un articolo dal titolo «Open Arms e Sea Watch: la richiesta di archiviazione della procura di Palermo».
Nell’elenco delle pagine seguite su Facebook da Apostolico, riporta il quotidiano, ci sarebbe anche «Free Open Arms» e quella dedicata a «Open Arms Ong» che ha portato il leader della Lega a processo.
E anche pagine di partiti come Possibile, Potere al Popolo, Democrazia e Autonomia e quella dell’ex sindacalista dei braccianti immigrati e ora parlamentare Aboubakar Soumahoro.
E poi like a «Presidio permanente No Borders - Ventimiglia», foto scattate nel maggio 2011 sull’arrivo a Catania del traghetto «Flaminia» con 1.300 migranti titolate «moderna deportazione, appoggio alle reti no border.
L’ufficio in cui lavora la giudice, ovvero la sezione immigrazione del tribunale di Catania, nei mesi scorsi fu al centro di altre polemiche per avere sconfessato il decreto anti-sbarchi: il Viminale, la Difesa e il ministero delle Infrastrutture furono condannati a risarcire le spese processuali dopo un ricorso della Sos Humanity che lamentava il fatto che non tutti i migranti erano stati fatti sbarcare. A tutela dei 35 fatti restare a bordo (140 lasciarono la nave) i legali della Ong si appellarono al Tribunale e vinsero: anche in quel caso i giudici ritennero il decreto non coerente con i trattati internazionali e con le direttive Ue.

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