«La vera novità emersa dalla convention dello scorso week end è che Forza Italia mai come adesso dialoga con tutti i settori della società e dello Stato. A Taormina è arrivato un membro del Csm, Felice Giuffré, e fino a qualche tempo fa questo sarebbe stato impensabile. E poi c’è stata Caterina Chinnici»: Marco Falcone, influente esponente di Forza Italia in Sicilia e assessore oggi con Schifani come in precedenza con Musumeci, riavvolge il film della due giorni che ha organizzato fra l’Etna e il mare di Isola Bella e traccia il profilo del partito post Berlusconi. Anche in Sicilia.
È questo riavvicinamento alla magistratura che vi suggerisce di non accettare i cuffariani in lista?
«Immaginavo questa domanda, ma mi lasci dire prima una cosa. Forza Italia è sempre stato un partito garantista e continuerà a esserlo. Ma è pure un partito che ritiene che chi ha sbagliato debba essere punito. Lo ha detto anche Antonio Tajani».
Questa risposta può valere anche alla domanda sul no ai cuffariani in lista con Forza Italia?
«Secondo me al dibattito su Dc e Forza Italia è stato dato un taglio sbagliato. Il punto è un altro: FI è la nostra casa, l’architrave per il centrodestra e il sistema politico italiano, e come dice il nostro segretario Tajani non è un taxi. Se degli esterni chiedono di entrare nelle nostre liste, devono aderire ai nostri valori e soprattutto riconoscersi nel nostro progetto. Ogni richiesta, come è stato già detto, sarà discussa. Ma se si parte dal presupposto che siamo noi ad aver bisogno di stampelle, allora si sbaglia. Il segretario Tajani ritiene che FI possa arrivare al 10% a livello nazionale, in Sicilia ci sono le condizioni per traguardare il 15%».
Con quale programma convincerete gli elettori che Forza Italia non è finita con Berlusconi?
«Tajani sta forgiando un partito liberale che lavora per abbassare le tasse e sostenere la crescita. È così che si aiutano le imprese e i lavoratori, senza dimenticare i più deboli. FI è l’unico partito che su questo parla da sempre un linguaggio preciso e coerente: mai mettere le mani nelle tasche degli italiani. L’altro obiettivo è la modernizzazione della macchina amministrativa».
E alla Regione, dove siete al governo avendo il partito della Meloni come primo alleato, qual è la strategia?
«Il governo Schifani ha da poco presentato una Finanziaria che per la prima volta dopo 20 anni verrà approvata entro fine anno. E che punta su quattro pilastri. Il primo è il rafforzamento finanziario dei Comuni, il secondo gli investimenti per l’innovazione e il sostegno alle imprese, il terzo la lotta al precariato che passa dalle stabilizzazioni e dal creare lavoro vero. L’ultimo è l’impegno a garantire che i servizi erogati dalla Regione siano efficienti».
Più volte ha citato il sostegno alle imprese. E a Taormina erano tantissimi gli imprenditori presenti. È quello il canale di dialogo principale anche in Sicilia?
«A Taormina c’erano imprenditori di primissimo ordine, la cui presenza ci ha onorato. Con loro, anche grazie al lavoro che sta facendo l’assessore Edy Tamajo, il rapporto non si è mai interrotto. Siamo sempre impegnati a venire incontro e sostenere chi crea lavoro».
È noto il suo feeling con Maurizio Gasparri e a Taormina è apparso evidente anche quello con Tajani. Nel suo futuro c’è ancora il ruolo di assessore all’Economia o si candiderà a Bruxelles?
«Nelle prossime settimane definiremo le scelte per la composizione delle liste. Tutto dipende dalle prospettive che vuole darsi il nostro movimento, con equilibrio rappresentate dal presidente Schifani e dal coordinatore Caruso. Se passasse l’idea che chi ha il privilegio di ricoprire un incarico istituzionale importante deve anche mettersi a disposizione, allora valuterò non cosa FI può dare a me, ma cosa io posso offrire a Forza Italia».
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