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Migranti, la Cassazione fissa l'udienza per esaminare i ricorsi del governo contro i giudici di Catania

I provvedimenti saranno riuniti e discussi il 30 gennaio. Si tratta dell'opposizione alle decisioni del tribunale etneo che hanno bocciati i trattenimenti dei richiedenti asilo al centro di Pozzallo

La struttura realizzata a Pozzallo per il trattenimento dei richiedenti asilo (foto di Francesco Ruta/Ansa)

La Cassazione ha riunito in una sola data la discussione dei ricorsi presentati nelle scorse settimane dall’avvocatura dello Stato, per conto del Viminale, contro i provvedimenti del tribunale di Catania che ha negato la convalida del trattenimento di migranti nel centro di Pozzallo (nella foto). Con un provvedimento ad hoc i supremi giudici hanno fissato l’udienza al prossimo 30 gennaio davanti alle Sezioni unite civili. In quella data dovranno essere vagliate le dieci istanze presentate dall’Avvocatura il 25 ottobre scorso.

I ricorsi riguardano quanto deciso dai magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Catania che non convalidarono i trattenimenti, che erano stati disposti dal questore di Ragusa in applicazione del decreto Cutro, perché a loro dire violerebbero la direttiva europea numero 33 del 2013. Nel provvedimento con cui fissa l’udienza pubblica al gennaio del 2024, la prima presidente Margherita Cassano afferma che i ricorsi «sollevano una questione di massima di particolare importanza circa le condizioni che consentono il trattenimento alla frontiera del richiedente la protezione internazionale». Si tratta di elementi che presentano «aspetti di novità nel panorama giurisprudenziale, anche per il rapporto tra fonti diverse e per il necessario confronto con le pronunce della Corte di giustizia» e che è «destinata a riproporsi in numerosi giudizi». Una questione, che a detta dei supremi giudici, rende necessaria l’assegnazione «al Collegio allargato».

L’esigenza della Cassazione è «fornire una risposta chiarificatrice a problemi interpretativi di particolare complessità» e ciò impone «l’opportunità di una celere fissazione dei ricorsi, essendo implicati diritti fondamentali della persona umana e, al contempo, profili attinenti al buon funzionamento dell’attività amministrativa di gestione del flusso di migranti e dell’esame delle domande di protezione internazionale».

Le decisioni dei giudici Iolanda Apostolico e Rosario Cupri scatenarono violente polemiche. I due giudici, di fatto, «liberarono» 19 cittadini tunisini richiedenti asilo che si trovavano nel centro creato a Pozzallo, in provincia di Ragusa. Quello messo in discussione dai giudici etnei è uno dei capisaldi del decreto Cutro, nella parte che introduce procedure accelerate alla frontiera per chi arriva da un Paese inserito nella lista di quelli sicuri, come è appunto la Tunisia. In sintesi, l’iter prevede che la decisione sulla domanda di asilo venga evasa in quattro settimane e, in questo periodo di tempo, i richiedenti siano trattenuti un centro di accoglienza per essere subito rimpatriati in caso di diniego. Secondo Apostolico e Cupri, il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda; la procedura di frontiera avrebbe dovuto inoltre essere svolta a Lampedusa, luogo di sbarco, dove il migrante ha manifestato la volontà di chiedere protezione e, infine, il pagamento di una somma a garanzia (5 mila euro) come mezzo per evitare il trattenimento è incompatibile con le norme Ue, secondo cui il trattenimento può esser disposto solo sulla base di una valutazione caso per caso, quando «non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive».

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