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Monoclonali, studio dell'Università di Catania: "Inefficaci nei casi gravi di coronavirus"

Preparazione di anticorpi monoclonali presso il National Cancer Institute degli Stati Uniti (foto di Linda Bartlett/ Wikipedia)

Gli anticorpi monoclonali a scopo terapeutico non sono in grado di proteggere i pazienti con infezione severa da Sars-CoV-2. E’ la conclusione dello studio 'In silico trial to test Covid-19 candidate vaccines: a case study with Uiss platform' del 'Combine group' dell’Università di Catania e pubblicato sulla rivista scientifica Bmc Bioinformatics.

«Era stato realizzato nel corso dell’emergenza Covid nella primavera dello scorso anno e dimostra la parziale inefficacia del trattamento anticorpale su pazienti gravi affetti da Covid - spiega il prof. Francesco Pappalardo, coordinatore del Combine Group - la nostra ricerca anticipa di sei mesi ciò che poi ha trovato conferma sperimentale nello studio condotto dal prof. Ventura Alejandro Simonovich nel novembre scorso, un periodo di tempo significativamente importante e prezioso in tempi pandemici».

Il modello Uiss, una piattaforma computazionale elaborata 15 anni fa, è in via di ulteriore sviluppo da parte del «Combine Group» grazie al progetto 'In Silico World’che coinvolge docenti degli atenei di Bologna e di Catania e 14 partner tra enti di ricerca, università e aziende di tutta Europa.

«Recentemente - aggiunge il prof. Pappalardo - è stato utilizzato come supporto per la decisione medica nell’individuare, simulando pazienti reali affetti da sclerosi multipla e consentendo di correggere ed adattare l’approccio terapeutico per raggiungere la migliore risposta individualizzata al trattamento. E’ usato anche nel progetto In Silico TRIal for tuberculosis VAccine  Development per ampliare le conoscenze sugli aspetti immunologici della tubercolosi attraverso le prove in silico consentendo di prevedere gli effetti dei nuovi vaccini».

«Grazie all’uso di pazienti digitali, inoltre - spiega il prof. Pappalardo - Uiss consente di simulare anche gli effetti delle sostanze chimiche ambientali sul sistema immunitario riducendo il rischio di immunotossicità e anche il costo dell’innovazione per la sanità pubblica». ANSA

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