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A Bronte si restaura l’Annunziata rinascimentale: le foto del sopralluogo

Restauro a Bronte dell’Annunziata rinascimentale ad opera dello scultore palermitano Antonino Gagini. Ieri c'è stato un sopralluogo della soprintendente ai Beni culturali e ambientali di Catania, Rosalba Panvini, per la verifica dei lavori sul gruppo marmoreo del ’500, di statue della Madonna e dell’Angelo, del “rinvenuto” Dio padre e del leggìo.

Al santuario dell’Annunziata, la cappella di San Giuseppe è diventata il laboratorio di restauro di Maria Scalisi, dove accedono solo il suo allievo, Paolo Cutuli, e pochi addetti ai lavori, tra i quali l’architetto Gigi Longhitano, direttore artistico del restauro, che sopra l’altare maggiore della chiesa ha “ritrovato”, pennellato di colori, il «Dio padre» finora mancante rispetto ai quattro elementi citati nell’atto notarile del 21 gennaio 1540, stipulato fra Antonino Gagini e il brontese Nicolò Spitaleri.

Altri dettagli emersi: il sigillo del committente sull’Angelo e, forse, la firma del Gagini sulla Madonna; ma su questi indaga la dottoressa Carmela Cappa, che ha l’alta sorveglianza del restauro.

«Un grazie alle offerte dei fedeli che hanno finanziato il restauro», ha detto il rettore del Santuario, padre Nunzio Capizzi mentre il presidente dell’associazione Bronteinsieme, Nino Liuzzo, ha sottolineato la locale devozione mariana.

I Brontesi proclamarono patrona l’Annunziata (avuta nel 1543) solo nel 1832, al posto di Santa Rosalia, protettrice della città, feudo dell’Ospedale Grande di Palermo (1491-1799) ed enclave della diocesi di Monreale (1178-1802).

Ieri mattina, per la Curia arcivescovile di Catania c’erano l’avvocato Grazia Spampinato e la dottoressa Valeria Pisasale, per la Soprintendenza, oltre alla storica dell’arte Cappa e all’architetto Benni Caruso (direttore dell’Unità Beni architettonici e storico-culturali), sul posto s’è recata la Panvini che ha commentato:

«Il restauro è l’occasione per riscrivere o puntualizzare la storia di monumenti, statue e dipinti. Il gruppo scultoreo che mi viene presentato, in fase avanzata di restauro, è un’occasione per riscoprire colori, sigilli, forse firme e, comunque, per riattribuirlo esattamente ad Antonino Gagini».

Nella sua lunga carriera di Soprintendente, la Panvini è reduce di varie «incursioni rinascimentali siciliane», fra queste, di Antonello da Messina, a Caltanissetta nel 2005 ha curato l’esposizione dell’Annunciazione e, quattro anni fa, da Siracusa, ne ha autorizzato la mostra a Palazzolo Acreide (qui trattata da Santo Gallo, il 18 agosto 2016).

E poiché a Catania s’è imbattuta nell’Annunziata di un Gagini, l’abbiamo incalzata un po’ sui due Antonelli, col messinese più apprezzato nel mondo rispetto all’altro.

La Panvini ha spiegato: «È una riflessione molto severa quella che mi si chiede. Tutti conoscono i Gagini e la scuola gaginiana, Antonello ha avuto più fortuna, ma per gli artisti è così. I Gagini hanno avuto grande diffusione su tutto il territorio siciliano, di Antonello ci sono poche rappresentazioni, però ha avuto una risonanza mondiale, non foss’altro - ha precisato la Soprintendente - perché le opere pittoriche possono girare più di quelle marmoree e quindi è più facile diffondere la conoscenza di un’artista».

Ha concluso la Panvini: «Speriamo d’avere finanziato un progetto di Museo diffuso su Gagini, per far conoscere meglio questa grande famiglia di scultori del rinascimento».

A Bronte, il restauro dei «devoti mariani» a breve sarà ultimato, sul progetto dei «devoti gaginiani» la parola passa all’Assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana, Alberto Samonà.

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