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Il reddito di cittadinanza ai mafiosi: ecco chi sono i 5 denunciati nel Catanese

Ecco chi sono i cinque denunciati dai carabinieri di Paternò perché percepivano indebitamente il reddito di cittadinanza. Sono mafiosi, anche con sentenze passate in giudicato, o familiari di mafiosi.

Le autorità forniscono le iniziali dei cinque denunciati e per ciascuno un profilo dettagliato. Nello specifico, gli investigatori hanno scovato tra i beneficiari soggetti appartenenti a consorterie mafiose attive nel capoluogo etneo e in provincia che, pur essendo gravati da sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso, hanno personalmente richiesto ed ottenuto il beneficio. Ecco chi sono.

Il capo del clan

P. P., attualmente detenuto, capo e organizzatore del clan «Alleruzzo-Assinnata-Amantea», articolazione territoriale della famiglia «Santapaola-Ercolano» di Catania, tratto in arresto nell’ambito della recente operazione «Sotto Scacco» condotta dalla Compagnia Carabinieri di Paternò e dalla Dda della Procura etnea, conclusasi il quattro maggio 2021 con l’esecuzione di 40 ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Detenuto e moglie del boss Salvatore Rapisarda

A. R., attualmente detenuta, appartenente al clan «Rapisarda», attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia «Laudani» di Catania, moglie di Salvatore Rapisarda, conosciuto come «Turi u porcu», reggente dell’omonimo clan, attualmente detenuto in regime speciale art.41-bis.

L'appartenente al gruppo di Picanello

S. S., appartenente al «gruppo di Picanello» della famiglia «Santapaola-Ercolano» di Catania.

Le moglie di condannati

Ci sono poi altre due donne che hanno richiesto e ottenuto il beneficio, per conto dei propri coniugi, pur essendo anche quest’ultimi gravati da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso (nello specifico, appartenenti rispettivamente al «gruppo di Picanello» della famiglia «Santapaola-Ercolano» e al clan «Morabito-Rapisarda», attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia «Laudani» del capoluogo etneo).

I requisiti

Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Le pene previste

Per scoraggiare comportamenti illeciti l’art. 7 del D.L. 4/2019 ha introdotto specifiche sanzioni di natura penale, prevedendo in particolare la significativa pena della reclusione da due a sei anni nei confronti di chiunque, al fine dell’indebita percezione del beneficio «rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute», come avviene nell’iniziale fase in cui il richiedente non è percettore del sussidio e intende ottenerlo.

Il reddito di cittadinanza

L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra marzo 2020 e lo scorso settembre, è di oltre 48.000 euro. L’Inps, che ha confermato l’importo, su delega della Procura della Repubblica di Catania ha revocato immediatamente il beneficio e avviato le necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito, evitando così che l’Erario continuasse ad elargire ai soggetti denunciati ulteriori consistenti somme non dovute nel corrente mese. Quest’ultima attività rientra nell’ambito della continua vigilanza sull’indebita percezione di denaro pubblico con il reddito di cittadinanza che, purtroppo, ha spesso disatteso le reali intenzioni del legislatore di intervenire a favore della popolazione più bisognosa. Le numerose operazioni condotte in ambito provinciale dai reparti dell’Arma, anche in collaborazione con il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Catania, hanno consentito, nell’anno 2021, di acquisire elementi indiziari sul conto di 149 persone che, a vario titolo, con false attestazioni, hanno indebitamente goduto delle somme di denaro pubblico destinate loro per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro. Di rilievo, in particolare, gli accertamenti che nell’aprile scorso hanno consentito, su delega della Procura Distrettuale etnea, l’esecuzione di un decreto di sequestro preventivo delle carte di reddito di cittadinanza nei confronti di 76 soggetti (tra questi anche alcuni c.d. «uomini d’onore»), indebiti percettori per aver utilizzato dichiarazioni attestanti cose non vere nonché omettendo informazioni dovute.

Nel video le dichiarazioni del capitano Gianmauro Cipolletta, comandante della compagnia dei carabinieri di Paternò.

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