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Paternò, sequestrati i beni al boss che rimproverò il figlio per l'inchino del patrono

Beni del valore di circa 300 mila euro sono stati sequestrati perché riconducibili a Salvatore Assinnata, 49 anni, originario di Paternò, e ai suoi familiari. Assinnata è ritenuto dagli investigatori «soggetto» di elevatissimo spessore criminale, inserito nel gruppo di Paternò della famiglia di Cosa Nostra etnea Santapaola-Ercolano, all’interno del quale ricopriva incarichi di vertice.

Il provvedimento di sequestro - notificato dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania - riguarda una bottega nella zona centrale di Paternò, numerosi terreni e vari rapporti finanziari. Dalle indagini, negli anni, è emerso il ruolo di spicco e il prosieguo dell’appartenenza al clan mafioso di Paternò di Assinnata, confermati anche dal fatto che dal carcere di Asti, dove è stato detenuto, ha continuato a impartire ordini, direttive e a muovere contestazioni al figlio primogenito. Particolarmente significativo è il biasimo da parte del padre, al comportamento del figlio nel 2015, in occasione dei festeggiamenti della festa patronale a Paternò, quando era stato fatto un doppio «inchino» con la statua di Santa Barbara sulle note de «Il Padrino», dinnanzi all’abitazione della famiglia.

La riconducibilità della figura di Assinnata come elemento direttivo del gruppo di Paternò è riferita a vario titolo anche dai collaboratori di giustizia Giuseppe Alleruzzo, Santo La Causa e Mirko Presti. Dalle valutazioni economiche, in particolare, è emerso che, almeno dal 2008 ad oggi, Assinnata e il nucleo familiare di appartenenza hanno tratto i propri mezzi di sostentamento da redditi di provenienza illecita (grave è risultata la sperequazione reddituale), mentre la «pericolosità sociale» - sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per la durata di quattro anni, con obbligo di soggiorno - si è manifestata nel corso di tutta la sua storia criminale, come si evince dalle numerose condanne irrevocabili collezionate, quattro delle quali (per fatti commessi nel 1991, nel 2003, fino al maggio 2006 e dal marzo 2012 al settembre 2013), per associazione di tipo mafioso ed una per estorsione aggravata (per fatti commessi fino al dicembre 2012). Da ultimo, Assinnata, arrestato a marzo 2013 per estorsione aggravata per avere agevolato l’attività dell’associazione mafiosa di appartenenza, lo scorso 10 giugno, è tornato in libertà, dopo avere scontato nove anni in carcere per varie condanne (associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata per aver agevolato l’attività mafiosa).

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