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Raffaele Lombardo dopo l'assoluzione definitiva: «Non mi candido a sindaco di Catania»

L’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, assolto definitivamente dalla Cassazione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, parla del suo futuro, assicurando che non si candiderà a sindaco di Catania alle prossime elezioni amministrative nella città etnea. Nel parlare alla stampa, il leader dell’Mpa annuncia i prossimi passaggi dell’attività del movimento, tirandosi fuori da un coinvolgimento personale per la guida di Palazzo degli Elefanti, lui che è già stato a capo della Regione e della Provincia.

«Il mio contributo a chi sarà chiamato ad amministrare - assicura Lombardo - sarà pieno e totale, non c'è dubbio. Speriamo che ci sia un giovane o una giovane che si sentano di raccogliere questo testimone». Chi sarà il candidato, allora? «Alla fine della settimana prossima - risponde Lombardo - gli autonomisti catanesi faranno un congresso e uscirà il nome di un candidato sindaco, autonomista. Non sarò io». Sarà invece qualcuno da proporre agli altri partiti.

L'incontro con la stampa è stato l'occasione per tornare su tredici anni di processo. «Resto un uomo caratterizzato dalla propria storia - commenta l'ex presidente - e penso che ci saranno delle ripercussioni di carattere politico. Questo processo ha deviato il corso della storia siciliana. Personalmente darò una mano politicamente: ma spazio ai giovani».

«Io - dice Lombardo - non mi sento né felice, né liberato. Non basta una sentenza per cancellare la sensazione che mi porto dentro. Dentro porto una grande amarezza. Ringrazio i miei legali: il professore Maiello, l’avvocato Maria Licata ed il professor Ziccone che oggi non ce l’ha fatta ad essere qua. Ringrazio, ovviamente, i miei familiari: mia moglie e i miei figli. Non solo perché mi sono stati vicini ma per tutto quello che hanno passato». Oggi, aggiunge, «traggo da una delle due sentenze della Cassazione un aggettivo che identifica questo processo: nella prima sentenza della Cassazione si definì "illogica" la prima sentenza della Corte». E ancora: «È negli atti del processo che la mafia ha votato per altri partiti ed altri uomini politici».

Lombardo parla a lungo della vicenda giudiziaria. «Sono arrivati - afferma - tanti collaboratori di giustizia. Inattendibili, ma sono stati portati nel processo. La "torta" non è che la confezionano i magistrati. Gliela portano. Io credo che gli ultimi tre collaboratori di giustizia che sono intervenuti nel secondo appello siano stati importanti per indurre i giudici ad assumere la decisione che poi hanno assunto nella seconda sentenza di appello. Chi ha detto loro di venire a raccontare la favoletta? Qualcuno glielo avrà detto. Un magistrato chiaro che li deve interrogare e li deve portare in udienza. Ma qualcuno li ha imbeccati». Lombardo ricorda poi che «non c'è persona che può entrare in presidenza che non lascia i documenti, che non viene ripresa dalle telecamere».

Quanto alle voci sulla misura cautelare, aggiunge, «ci furono articoli di stampa secondo cui il provvedimento era pronto, che era firmato, che era alla firma del procuratore dell’epoca. Io avevo preparato la lettera di dimissioni da presidente della Regione». Riannodando le fila del processo, Lombardo ricorda: «Eravamo nel marzo-aprile del 2010. Poi, a smentire la notizia fu il procuratore. Era all’ordine del giorno l’ipotesi. Non so cosa sia successo. Certo è possibile che ci fosse allora la volontà di arrivare fino in fondo rispetto a questa richiesta di misure cautelari. E siccome questo provvedimento fu avversato da chi di competenza probabilmente, allora, si sarà ricorso ancor prima alla scorciatoia dello sputtanamento giornalistico».

Nel video Italpress un passaggio della conferenza stampa di Raffaele Lombardo

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